L’AUTORE
Gianni
Celati, nato a Sondrio nel 1937, è uno dei maggiori narratori italiani viventi.
Si tratta di uno scrittore vagabondo dallo stile inconfondibile che non ha mai
smesso di scrivere e spostarsi. I suoi scritti sono caratterizzati da un’evidente
spontaneità, immediatezza e comicità. Secondo Celati narrare significa
disperdersi, far divagare la propria mente, allontanarsi dagli schematismi e
dalle convenzioni, come quando si guardano le nuvole in cielo cercando di
indovinarne la forma mutevole. In tal
modo la narrazione trasporta il lettore
in un altro mondo, sottraendolo al peso della realtà. Il neologismo da lui
coniato, “fantasticazione”, corrisponde
al termine inglese revery, con cui si
definisce l’atto del fantasticare. Questa parola rimanda all’idea di una totale
distensione e rilassamento del corpo nell’atto della scrittura, che si compie
in uno stato di dormiveglia, come se si scrivesse sotto l’impulso di alcuni
sogni. Tra le sue opere, oltre a La banda
dei sospiri (1976), si possono ricordare: Comiche (1971), Le avventure
di Guizzardi (1972), Lunario del
Paradiso (1978), Narratori delle
pianure (1985), Quattro novelle sulle
apparenze (1987), Verso la foce (1988), Avventure in Africa (1998), Cinema naturale (2001) e Fata Morgana (2005)
LA
BANDA DEI SOSPIRI
Il romanzo è la storia
di un allegro, puzzolente e tragicomico ragazzino di nome Garibaldi, e della
sua sgangherata famiglia che include: un padre sbraitone e bestemmiatore, una
madre sarta che fa compassione, un disgraziato fratello, inventore di storie
strampalate e aspirante romanziere, e vari zii, nonni e cugini, ognuno con i
suoi tic. Il piccolo Garibaldi, come ogni ragazzo della sua età, frequenta la
scuola, descritta come un luogo strambo in cui a insegnare c’è un maestro
pelato con la fissa delle poesie a memoria, e a tentare di imparare dei
bizzarri compagni, che più che pensare a studiare sono soliti masturbarsi sotto
i banchi mentre il loro insegnante svolge le sue lunghissime e noiosissime
lezioni su Leopardi. In mezzo a questo divertente e giocoso sfondo, Garibaldi,
con i suoi occhi di bambino, indaga sulle attività dei grandi come la politica,
la religione e il sesso traendone delle spassose conclusioni. La banda dei
sospiri è un libro comico perfetto che rallegra il lettore portandolo in un
mondo infantile e colorato.
UNA
BOTTIGLIA D'INCHIOSTRO RIDARELLO
“Il
mio disgraziato fratello ha sempre avuto tante pretese nella vita, e da piccolo
non mi lasciava mai in pace a volermi raccontare tutte le sue storie e sogni da
ragazzo. Io non sapevo neanche di cosa parlasse, ma per calmarlo facevo quella
funzione di ascoltare i suoi discorsi e applaudirlo, in quanto ero il fratello
minore.”
“Io
piccolino dormivo in un letto grande in mezzo a queste due sorelle, la bruna di
qua e la bionda di là. Loro mi mettevano una mano per di sotto e mi venivano
dappertutto con le dita a solleticarmi, che quindi io facevo dei salti. Perché
una sorella mi stuzzicava il manico, e l’altra mi stuzzicava il sedere, e
anch’io dunque volevo stuzzicarle loro tra le gambe per una forma di scherzo,
strappandogli magari qualche pelo per divertirci.”
“Nel
quadro c’era dipinta una donna con due grosse tette. Io prendevo una lente
d’ingrandimento e montavo sopra una sedia per guardarmela meglio. Questa donna
era sdraiata, con una mano si grattava il mento, e l’altra mano l’aveva sulla
topa, per tenerci sopra un velo. Io sulla mia sedia spiavo tra le sue dita, e
speravo molto di vedere cosa c’è sotto il velo. Ma questo neanche con la lente
d’ingrandimento si riusciva a vedere. Allora ho preso un temperino, e andavo a
scrostare dove c’è il velo, per vedere cosa c’è sotto. Ma sotto il velo c’era
la tela e non la topa. Ci sono restato un po’ male. Poi ho tappato il buco con
pane masticato.”
“Nella
mia scuola c’era uno scalone con due statue in basso di donne con l’elmo in
testa e le sottane corte. Noi passando da lì facevamo sempre il gesto di
mettere una mano sotto le sottane di quelle donne, e di godere molto con
spasimi di gioia in faccia. Poi certe volte negli intervalli scolastici, non
visti scappavamo giù per le scale e montavamo sopra le statue per di dietro
facendo le mosse dei cani in calore. Certuni hanno anche estratto il loro
manico per metterglielo nel buco sotto la sottana a una di queste statue, e
fare le mosse dei cani in calore. Però il buco essendo di pietra gli ha
graffiato tutto il manico, che dopo hanno dovuto fare gli impacchi. I compagni
hanno cominciato a dire questa storia,
che cioè quelle statue a metterglielo dentro si godeva moltissimo, ma
addentavano.”
“Come
era composta la nostra scuola? Tutti scolari maschi! Le scolare femmine erano
in un’altra scuola vicina, dove noi delle volte andavamo a fare rappresaglie
contro le bambine che vorrebbero avere da noi corteggiamenti. Alle bambine noi
gli sputavamo in testa perché non ci piacciono, siccome non hanno le tette!”
“Era
così. Io le mettevo un braccio intorno alla vita e stringevo tutto contento,
perché non l’avevo mai fatto questo, di mettere un braccio intorno a una donna.
Allora la scruto negli occhi e lei si lascia scrutare, sempre un po’ ridendo.
Allora ridevo anch’io dalla soddisfazione, e adesso siamo molto abbracciati. E
qui stavo a guardarle da vicino quel rossetto luccicante che porta sulle
labbra, e mi chiedevo: sporcherà questo rossetto? Lei ha voluto darmi la prova
che non sporca mollandomi un bacio. Un bacio a me sulla bocca, che mi ha dato
all’improvviso. Ohè mi ha fatto girare la testa. Tant’è che dopo le mangiavo
anche un po’ di capelli masticandoli molto entusiasta. Perché era proprio una
roba da sogno questo bacio che non si dimentica, con noi due così stretti abbracciati
per la strada quella sera.”
“Si
pensava a quei tempi che se uno andava da una ragazza e la baciava, tutto era
fatto e lei doveva essere sua fidanzata per sempre. Noi però non eravamo mai
riusciti a dare a nessuna un bacio così, prima di tutto perché le bambine della
nostra età non ci piacevano, e le mandavamo via con parole e sputi se venivano
a fare le smorfiose. Secondo perché alle ragazze alte e signorine non ci
arrivavamo ancora come altezza a baciarle sulla bocca, e dunque come fare?”
“Con
tutti i guai della vita ci manca anche questa invenzione degli innamoramenti
d’amore per far perdere tempo alla gente.”
“Si
credeva a quei tempi che dovesse abbastanza in fretta scoppiare una
rivoluzione, con ammazzamento di tutti i maiali superiori e trionfo del popolo
e della libertà. Invece poi a quanto pare la rivoluzione non scoppia mai, e i
maiali superiori ricchi e furbi sempre continuano a vivere alle spalle dei
poveri miserabili che tirano la carretta.”
“Essendo
un vagabondo che va libero per le strade senza pensieri in testa e con la bocca
chiusa, non sapevo dove andare e andavo per divertimento al cimitero a leggere
tutti i nomi sulle tombe e a guardare i ritratti dei defunti.”
“Con
mio fratello delle volte alla sera progettavamo fughe per girare il mondo con
un sacchetto in spalla. Si doveva prendere il treno, poi a piedi attraversare
certe foreste che mio fratello conosceva benissimo perché se le era sognate di
notte. Poi ci imbarcavamo su una nave diretta chissà dove. Però le fughe a
chiacchiere sono una cosa e quelle vere un’altra. A dir la verità il mio
disgraziato fratello preferiva stare a casa a leggere tanti libri e menarselo.
E il massimo che abbiamo fatto come fuga è stato di andare alla stazione, dove
lui si è letto tutti gli orari dei treni e poi siamo tornati a casa in
silenzio.”
Colapesce- Bogotà
Le storie di questa casa vuota
Bastano a riempire una reggia
Quando eravamo dei nani impazziti Ricordi?
Poi arrivò quel cane nero
Non si dormiva la notte
Cicale e formiche facevano festa nel cortile
L’odore di pianta annaffiata
Di cuoio e di carne montana
La mia bicicletta
I tuoi soldatini immersi nel fango
Ed una mosca che pareva sempre la stessa
Ogni anno era li insieme a quel geco
La cena e un pigiama
E la sera finiva un po’ prima
Io la notte ancora sto sveglio
A pensare al tempo che ho perso
…E ne accumulo altro…
Le sfide raccolte a vent’anni
Nel sonno la scelta è nel buio
La tecnologia ammortizza
Il rimpianto e l’attesa
Partisti tamburo ed ombrello
Per anni sulla tuscolana
Adesso dispersi cerchiamo la pace
Nelle ombre degli altri
Fratello nuotiamo d’inverno
Il freddo rafforza le ossa
I tuoi soldatini nel fango
Sorvegliano ancora il quartiere
Io la notte ancora sto sveglio
A pensare al tempo che ho perso
…E ne accumulo altro…
Bastano a riempire una reggia
Quando eravamo dei nani impazziti Ricordi?
Poi arrivò quel cane nero
Non si dormiva la notte
Cicale e formiche facevano festa nel cortile
L’odore di pianta annaffiata
Di cuoio e di carne montana
La mia bicicletta
I tuoi soldatini immersi nel fango
Ed una mosca che pareva sempre la stessa
Ogni anno era li insieme a quel geco
La cena e un pigiama
E la sera finiva un po’ prima
Io la notte ancora sto sveglio
A pensare al tempo che ho perso
…E ne accumulo altro…
Le sfide raccolte a vent’anni
Nel sonno la scelta è nel buio
La tecnologia ammortizza
Il rimpianto e l’attesa
Partisti tamburo ed ombrello
Per anni sulla tuscolana
Adesso dispersi cerchiamo la pace
Nelle ombre degli altri
Fratello nuotiamo d’inverno
Il freddo rafforza le ossa
I tuoi soldatini nel fango
Sorvegliano ancora il quartiere
Io la notte ancora sto sveglio
A pensare al tempo che ho perso
…E ne accumulo altro…
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