lunedì 7 aprile 2014

Il bimbo del gelato



Questo personaggio, apparentemente innocuo, è uno dei più temuti dai baristi. Alto un metro e venti, con gli occhiali e la faccia da scimpanzé, è tuttavia dotato di un'eccezionale vitalità. Appare nel bar con lo sguardo perso: si avvicina al bancone con cento lire in mano e si aggrappa disperatamente al bordo. Il barista non lo vede quasi mai e continua a servire altri clienti. Se il bambino è molto timido, aspetta fino all'ora di chiusura, e talvolta il barista lo trova, addormentato, con le cento lire in mano, solo quando va a spazzare per terra. Se è normalmente timido, comincia a battere le cento lire sul banco con ossessionante regolarità. Se il barista non lo nota ancora comincia ad emettere versi come ehu, oah, oh. Alla fine s'incazza e se ne va senza prendere il gelato, proferendo terribili minacce. Spesso scrive frasi anatomiche sul freezer. Se il bambino è un bambino furbo, va subito al freezer dei gelati, lo apre e ci entra con la testa, le spalle e metà del corpo. Se il barista non se ne accorge in tempo, il bambino per prima cosa gli mangia tutto il ghiaccio. Poi scarta tutti i gelati per trovare il suo. Allora il barista gli piomba addosso e molto stolidamente gli chiede cosa vuole. A questo punto il bambino gli chiederà un gelato con un nome assurdo, come Bananotto, Antartidino, Cremarancio, Baden- Baden, di cui il barista ignora l'esistenza. Il barista controlla tutte le scorte di gelato con la testa nel freezer, e ogni tanto emerge con gelati mostruosi pieni di bugni, strati e colori a forma di pecora e di autoambulanza. Il bambino li osserva serio uno per uno e ogni volta dice «Non è lui». Terminato l'esame, il barista ha un febbrone da cavallo perché andare su e giù per il freezer gli ha provocato una broncopolmonite fulminante. Il barista si scalpella il ghiaccio dai capelli e guarda con odio il bambino, che fa «Allora voglio un cono». Il bambino si informa sui ventisette sapori in mostra, e ne sceglie venticinque. Il barista, ormai in balìa dell'avversario, si lascia guidare docilmente e compila gelati alti dal mezzo metro in su. Quando il gelato è finito, il bambino dice «Non ci ha messo il torroncino al rhum», il barista dice «Sì», il bimbo «No», e bisogna smontare il gelato fino alle fondamenta, accorgersi che aveva ragione il bambino e rifare tutto. A questo punto il bambino esce con settemila lire di gelato mettendo nelle mani del barista cento lire collose e sudaticce, ai limiti del falso. Appena fuori dal bar, il bambino addenta il gelato, che gli cade per terra con il tonfo di un suicida dal terzo piano. Il bambino piange come un disperato. Il barista, anche lui piange. Poi gli rifà il gelato. Il bambino esce, e mangia il gelato. Oppure il bambino esce, e fa ricadere il gelato. E così via.


Stefano Benni, Bar Sport