L’AUTORE
Luigi Malerba, nato nel
1927 a Berceto, in provincia di Parma, è uno dei più grandi narratori italiani
del Novecento. Maestro di realtà deformate, lo scrittore è produttore di una
letteratura in cui si ride di un riso che trasmette al lettore intriganti
riflessioni e interrogativi. Tra le sue molte opere, oltre a Il serpente, le più belle e
rappresentative sono la raccolta di racconti La
scoperta dell’alfabeto (1963), Salto
mortale (1968), Il protagonista
(1973), Il pataffio (1978), Il pianeta azzurro (1986), Fuoco greco (1990), Le pietre volanti (1992), Le
maschere (1994), Itaca per sempre
(1997) e Fantasmi romani (2006). Dopo
la sua morte, avvenuta nel 2008, è nato nel 2010 in suo onore il Premio Luigi
Malerba, dedicato a scrittori esordienti e a opere inedite di
narrativa e sceneggiatura.
IL
SERPENTE
Il protagonista del
libro, pubblicato nel 1966, è un delirante e nevrotico proprietario di un
polveroso negozio di francobolli, in cui la gente entra solo di rado e per
errore. Il serpente è il soliloquio
farneticante e tragicomico di un matto che mente, inventandosi un’esistenza
onirica-visionaria fatta di relazioni sociali e storie paradossali e assurde
che in realtà non ha mai vissuto. Sfila così
all’interno delle meravigliose pagine malerbiane un piccolo popolo di
personaggi inesistenti, descritti con metodica follia dal protagonista che
guarda il mondo con occhi deformanti e stralunati: la fastidiosa e ripugnante
moglie, la bellissima amante Miriam, il
maestro di canto Furio Stella, l’odiato amico collezionista di marmi
Baldasseroni, il radiologo-collezionista di mali maligni Occhiodoro, il vecchio
cane ghignante Full.
Un Impareggiabile
Inchiostro Frizzante E Spumoso Di Lambrusco Del Parmense
“Io
parlo dei gelati a un ragazzo che sta nella mia strada, un ragazzo molto povero
con le ginocchia piene di croste, gli parlo anche della giostra, il ragazzo
ascolta i miei racconti e riracconta tutto a altri ragazzi ancora più poveri e
pieni di croste. È incredibile come ci sia sempre un ragazzo più povero e pieno
di croste del ragazzo più povero e pieno di croste che si conosca. E la scala
continua a scendere, non si sa nemmeno dove finisce. Per il resto la mia
felicità, attraverso il bambino pieno di croste, si propaga a catena e io sono
un anello di questa catena e sono felice di esserlo.”
“Farsi
intendere senza parole, con il silenzio, attraverso la magia delle cose, è
un’arte. Certe cose sembrano inventate apposta, stanno lì e parlano, basta
farle parlare. Si può far parlare un castello, una strada, un muro, una pianta.
Anche un sasso si può far parlare.”
“L’uomo
fa la guerra allo scarafaggio con ogni genere di veleni, fa anche propaganda
sui muri contro questo insetto. L’uomo ha il dente avvelenato contro lo
scarafaggio. Lo scarafaggio ha parecchie cose che l’uomo non ha: le elitre, le
antenne, le ali. Oltre agli ocelli, lo scarafaggio ha occhi composti molto
sviluppati che gli permettono di vedere al buio. Non teme il caldo, il freddo,
l’umidità. In genere lo scarafaggio ha tre paia di zampe ma in qualche caso ne
ha anche quattro, può camminare, saltare, volare, anche se non è un gran
volatore. Può sia rodere che masticare
allo stesso tempo. In qualche caso lo scarafaggio ha colori bellissimi,
simili a quelli dell’arcobaleno. Nonostante tutto questo la superiorità
dell’uomo sullo scarafaggio è indiscutibile.”
“La
terrazza dell’aeroporto è sempre piena di gente, secondo me questa gente
aspetta che un aeroplano caschi a un bel momento o esploda per aria, nessuno
confesserebbe una cosa simile ma è proprio così.”
“I
piranha sono pesci che spolpano un bue ogni cinque minuti.”
“Mariti
cognati fratelli nonni nipoti zii suoceri eccetera, tutte queste parentele
incominciano sempre con un uomo e una donna che vanno a letto insieme. Certe
volte ti meravigli di cose che sono proprio naturali. Come la morte. Passano
gli anni, a un certo punto ti inchiodano dentro una cassa e ti portano via, tu
sei lì inchiodato e non puoi fare niente mentre gli altri parlano e camminano.”
“Io
ho sempre sognato di notte da quando mi ricordo. Anche mia madre sognava.
Quando si alzava dal letto le facevano male le gambe e le ginocchia per le
corse che aveva fatto in sogno. A tavola raccontava a mio padre le lunghe
storie della notte. Nei suoi sogni c’era quasi sempre un uomo a cavallo che
entrava in scena a un certo punto. Mio padre odiava questo Cavaliere perché
sospettava che fra lui e mia madre ci fosse qualcosa. Così mia madre quando
raccontava i suoi sogni cominciò a lasciarlo fuori. Allora rimanevano le
praterie, le piste polverose, i sentieri nel bosco, il fiume con il suo grande
letto sassoso, e i banditi che la inseguivano (a piedi o a cavallo? Domandava
mio padre), rimaneva lo scenario pronto per l’entrata dell’uomo a cavallo che
doveva salvare mia madre, ma l’uomo a cavallo non entrava. Qualche volta mio
padre, che non era stupido, metteva giù la forchetta e usciva di casa.”
“Io
stavo lì a guardare la pioggia, imbambolato. Se non ci fossi io qui a guardare,
pioverebbe lo stesso? Me lo domandavo. Ma chi ti credi di essere? Mi dicevo
subito dopo. Intanto stavo lì a guardare, imbambolato, la pioggia che scendeva,
finché smise di scendere.”
“Il
cane della vecchia del terzo piano si chiamava Full. Tre-quattro volte al
giorno Full veniva davanti alla vetrina del mio negozio, metteva il naso contro
il vetro, alzava il labbro superiore fino a scoprire tutta la gengiva e
mostrava i denti. Non so che intenzioni avesse. Mi guardava e rideva
arricciando il labbro superiore e il naso. Questa non è un’espressione naturale
per i cani, e infatti si capiva che doveva fare un certo sforzo per tenere
sollevato il labbro. Sebbene fosse un cane vecchio e malandato i suoi denti
erano bianchissimi,aguzzi e ben saldi nelle gengive. Il suo ghigno era disgustoso
perché è inconcepibile un cane che ride. Era umiliante per me essere preso di
mira da un cane.”
“Vorrei
stare al buio, nel silenzio, in un luogo ben riparato. Che non ci fossero
rumori e se ci sono non sentirli, che non succedesse niente. Vorrei restare
fermo, immobile, in posizione orizzontale, con gli occhi chiusi, senza tirare
il fiato, senza sentire voci e campanelli, senza parlare. Al buio. Non avere
nessun desiderio, nessuno che parla e nessuno che ascolta, così, al buio, con
gli occhi chiusi.”
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