giovedì 18 ottobre 2012

Inchiostro Alcolico: Il Serpente di Luigi Malerba



L’AUTORE
Luigi Malerba, nato nel 1927 a Berceto, in provincia di Parma, è uno dei più grandi narratori italiani del Novecento. Maestro di realtà deformate, lo scrittore è produttore di una letteratura in cui si ride di un riso che trasmette al lettore intriganti riflessioni e interrogativi. Tra le sue molte opere, oltre a Il serpente, le più belle e rappresentative sono la raccolta di racconti  La scoperta dell’alfabeto (1963), Salto mortale (1968), Il protagonista (1973), Il pataffio (1978), Il pianeta azzurro (1986), Fuoco greco (1990), Le pietre volanti (1992), Le maschere (1994), Itaca per sempre (1997) e Fantasmi romani (2006). Dopo la sua morte, avvenuta nel 2008, è nato nel 2010 in suo onore il Premio Luigi Malerba, dedicato a scrittori esordienti e a opere inedite di narrativa e sceneggiatura. 

IL SERPENTE
Il protagonista del libro, pubblicato nel 1966, è un delirante e nevrotico proprietario di un polveroso negozio di francobolli, in cui la gente entra solo di rado e per errore. Il serpente è il soliloquio farneticante e tragicomico di un matto che mente, inventandosi un’esistenza onirica-visionaria fatta di relazioni sociali e storie paradossali e assurde che in realtà non ha mai vissuto. Sfila così  all’interno delle meravigliose pagine malerbiane un piccolo popolo di personaggi inesistenti, descritti con metodica follia dal protagonista che guarda il mondo con occhi deformanti e stralunati: la fastidiosa e ripugnante moglie, la bellissima  amante Miriam, il maestro di canto Furio Stella, l’odiato amico collezionista di marmi Baldasseroni, il radiologo-collezionista di mali maligni Occhiodoro, il vecchio cane ghignante Full. 


Un Impareggiabile Inchiostro Frizzante E Spumoso Di Lambrusco Del Parmense

“Io parlo dei gelati a un ragazzo che sta nella mia strada, un ragazzo molto povero con le ginocchia piene di croste, gli parlo anche della giostra, il ragazzo ascolta i miei racconti e riracconta tutto a altri ragazzi ancora più poveri e pieni di croste. È incredibile come ci sia sempre un ragazzo più povero e pieno di croste del ragazzo più povero e pieno di croste che si conosca. E la scala continua a scendere, non si sa nemmeno dove finisce. Per il resto la mia felicità, attraverso il bambino pieno di croste, si propaga a catena e io sono un anello di questa catena e sono felice di esserlo.”

“Farsi intendere senza parole, con il silenzio, attraverso la magia delle cose, è un’arte. Certe cose sembrano inventate apposta, stanno lì e parlano, basta farle parlare. Si può far parlare un castello, una strada, un muro, una pianta. Anche un sasso si può far parlare.”

“L’uomo fa la guerra allo scarafaggio con ogni genere di veleni, fa anche propaganda sui muri contro questo insetto. L’uomo ha il dente avvelenato contro lo scarafaggio. Lo scarafaggio ha parecchie cose che l’uomo non ha: le elitre, le antenne, le ali. Oltre agli ocelli, lo scarafaggio ha occhi composti molto sviluppati che gli permettono di vedere al buio. Non teme il caldo, il freddo, l’umidità. In genere lo scarafaggio ha tre paia di zampe ma in qualche caso ne ha anche quattro, può camminare, saltare, volare, anche se non è un gran volatore. Può sia rodere che masticare  allo stesso tempo. In qualche caso lo scarafaggio ha colori bellissimi, simili a quelli dell’arcobaleno. Nonostante tutto questo la superiorità dell’uomo sullo scarafaggio è indiscutibile.”

“La terrazza dell’aeroporto è sempre piena di gente, secondo me questa gente aspetta che un aeroplano caschi a un bel momento o esploda per aria, nessuno confesserebbe una cosa simile ma è proprio così.”

“I piranha sono pesci che spolpano un bue ogni cinque minuti.”

“Mariti cognati fratelli nonni nipoti zii suoceri eccetera, tutte queste parentele incominciano sempre con un uomo e una donna che vanno a letto insieme. Certe volte ti meravigli di cose che sono proprio naturali. Come la morte. Passano gli anni, a un certo punto ti inchiodano dentro una cassa e ti portano via, tu sei lì inchiodato e non puoi fare niente mentre gli altri parlano e camminano.”

“Io ho sempre sognato di notte da quando mi ricordo. Anche mia madre sognava. Quando si alzava dal letto le facevano male le gambe e le ginocchia per le corse che aveva fatto in sogno. A tavola raccontava a mio padre le lunghe storie della notte. Nei suoi sogni c’era quasi sempre un uomo a cavallo che entrava in scena a un certo punto. Mio padre odiava questo Cavaliere perché sospettava che fra lui e mia madre ci fosse qualcosa. Così mia madre quando raccontava i suoi sogni cominciò a lasciarlo fuori. Allora rimanevano le praterie, le piste polverose, i sentieri nel bosco, il fiume con il suo grande letto sassoso, e i banditi che la inseguivano (a piedi o a cavallo? Domandava mio padre), rimaneva lo scenario pronto per l’entrata dell’uomo a cavallo che doveva salvare mia madre, ma l’uomo a cavallo non entrava. Qualche volta mio padre, che non era stupido, metteva giù la forchetta e usciva di casa.”

“Io stavo lì a guardare la pioggia, imbambolato. Se non ci fossi io qui a guardare, pioverebbe lo stesso? Me lo domandavo. Ma chi ti credi di essere? Mi dicevo subito dopo. Intanto stavo lì a guardare, imbambolato, la pioggia che scendeva, finché smise di scendere.”

“Il cane della vecchia del terzo piano si chiamava Full. Tre-quattro volte al giorno Full veniva davanti alla vetrina del mio negozio, metteva il naso contro il vetro, alzava il labbro superiore fino a scoprire tutta la gengiva e mostrava i denti. Non so che intenzioni avesse. Mi guardava e rideva arricciando il labbro superiore e il naso. Questa non è un’espressione naturale per i cani, e infatti si capiva che doveva fare un certo sforzo per tenere sollevato il labbro. Sebbene fosse un cane vecchio e malandato i suoi denti erano bianchissimi,aguzzi e ben saldi nelle gengive. Il suo ghigno era disgustoso perché è inconcepibile un cane che ride. Era umiliante per me essere preso di mira da un cane.”

“Vorrei stare al buio, nel silenzio, in un luogo ben riparato. Che non ci fossero rumori e se ci sono non sentirli, che non succedesse niente. Vorrei restare fermo, immobile, in posizione orizzontale, con gli occhi chiusi, senza tirare il fiato, senza sentire voci e campanelli, senza parlare. Al buio. Non avere nessun desiderio, nessuno che parla e nessuno che ascolta, così, al buio, con gli occhi chiusi.”

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