lunedì 13 gennaio 2014

Girardengo, il Campionissimo di Paolo Bottiroli: un eroe sportivo d'altri tempi



Girardengo, il Campionissimo
di Paolo Bottiroli

Italica Edizioni (L’Ammiraglia), 2013


Paolo Bottiroli, originario di Novi Ligure, città famosa per il cioccolato e per aver dato i natali ai due campioni Costante Girardengo e Fausto Coppi, con una scrittura semplice e senza fronzoli retorici tratteggia in modo efficace e felice la mitica figura e la gloriosa carriera del primo Campionissimo del ciclismo. Costante Girardengo è il protagonista indiscusso non solo del libro di Bottiroli, ma anche dello sport a due ruote di inizio Novecento. 

Ai tempi di Girardengo il ciclismo era uno sport eroico e affascinante: i corridori erano dei veri e propri avventurieri che sfidavano il buio, le forature e il fango senza l’aiuto delle ammiraglie, correndo su biciclette molto pesanti che non avevano niente a che fare con quelle leggerissime di adesso. Il ciclismo di cent’anni fa era scandito da ritmi massacranti, e fatto di tappe lunghe fino a  400 km, con partenza a notte fonda e arrivo la sera successiva; era uno sport sicuramente più “pulito”, se rapportato  a quello odierno, in cui non  si faceva ricorso a sostanze dopanti, ma al massimo ad acqua di fonte e a uova fresche a volontà. Il ciclismo,allora, era lo sport più popolare e amato in Italia; e il Campionissimo, appellativo dato a Girardengo dal noto giornalista e direttore della Gazzetta dello Sport Ercole Colombo, fu il primo a infiammare le folle dei tifosi: nessun altro beniamino sportivo all'epoca era capace di radunare un pubblico paragonabile al suo.

Costante Girardengo (a destra una delle belle illustrazioni, ad opera di Alessandro Battara, che corredano il libro) è considerato uno dei più grandi ciclisti di ogni tempo; è un personaggio circondato da un’aura di leggenda, degno di essere accostato agli eroi della mitologia: professionista dal 1912 fino al 1936- anno in cui si ritira dalle corse a 43 anni- nella sua lunga e trionfale carriera riesce a vincere 2 Giri d’Italia, 6 Milano-Sanremo, 3 Giri di Lombardia e 9 campionati italiani su strada consecutivi. Arriva a ottenere 128 vittorie su strada e 967 su pista, in totale 1095 trionfi. Il “Gira” era capace di stravincere, avventurandosi in fughe solitarie di 200 km, con gli avversari che arrivavano mezzora dopo di lui, ma anche di vincere soffrendo all’ultimo colpo di pedale, dopo volate tiratissime. Fu l’eroe e l’idolo della generazione cresciuta dopo la Prima Guerra Mondiale. Il grande giornalista Indro Montanelli fece di Girardengo il mito della sua adolescenza, al pari di Testa di Pietra e del Corsaro Nero. Con l’unica differenza che questi ultimi due erano personaggi inventati e fantasiosi, Girardengo invece era una persona vera, in carne e ossa. Il più giovane conterraneo Fausto Coppi lo vide come un modello da imitare, si appassionò a questo sport grazie alle sue imprese, e successivamente ne ereditò la gloria e il soprannome di Campionissimo. 

In Girardengo, il Campionissimo Paolo Bottiroli ripercorre tutte le vittorie del campione, fa rivivere i dualismi e le battaglie con gli italiani Belloni, Bottecchia e Binda, con i francesi Berenger, Hillarion e i tre fratelli Pelissier, con l’elvetico Suter e il belga Sellier. Non tralascia poi di menzionare l’epica sfida Uomo contro Bicicletta tra Dorando Pietri, uno degli uomini più veloci del mondo, e Girardengo: il grande maratoneta nel 1907 aveva messo in palio due lire per il ciclista che fosse riuscito a compiere due giri della piazza del Mercato di Novi Ligure, prima che lui ne terminasse uno a piedi. Tra lo stupore generale dei presenti un ragazzino sconosciuto, esile e di bassa statura, accettò la sfida e sbalordì tutti, riuscendo ad avere la meglio sul favoritissimo Dorando Pietri. Quel ragazzino era Costante Girardengo e, dopo quell’impresa epica, divenne l’idolo di Novi Ligure. Nel libro si fa riferimento anche alla presunta amicizia tra Girardengo e il leggendario bandito anarchico Sante Pollastro, dovuta alla comune passione per la bicicletta, mezzo utilizzato dal “Gira” per vincere le gare, dal fuorilegge per sfuggire alla polizia dopo una rapina.

L’ultima parte della biografia di Bottiroli è dedicata alla vita di Girardengo dopo aver abbandonato le gare, e a quello che rimane di lui al giorno d’oggi per mantenere vivo il suo ricordo: qualche statua e qualche targa sparsa a Novi Ligure e nei paesi limitrofi, e soprattutto il Museo dei Campionissimi di Novi Ligure, dedicato appunto a Girardengo (oltre che a Coppi), dove si possono trovare, tra le altre cose, le foto che ripercorrono i momenti salienti della sua vita e della sua carriera, una sua bici da strada e la maglietta del Campionato Italiano che Girardengo vinse nel 1921.

Per tentare di aggiungere qualcosa all'interessante e documentato lavoro di Paolo Bottiroli, si può citare una considerazione espressa dallo stesso Girardengo, questa: “L’andare in bicicletta costituisce per me un piacere più che una fatica, un istinto più che un’ abitudine. Direi quasi che l’andare a piedi non sembra per me l’andatura normale. Concepisco la bicicletta come una parte integrale di me stesso”. Costante Girardengo e la bicicletta sono una cosa sola.




sabato 4 gennaio 2014

Tutti primi sul traguardo del mio cuore di Fabio Genovesi - Una favola sportiva per cuori semplici



Tutti primi sul traguardo del mio cuore
di Fabio Genovesi
Mondadori, 2013


Lo Sport riserva sempre grandi imprese e intense emozioni, rappresentando un meraviglioso serbatoio a cui la letteratura può attingere per prelevare storie e racconti. Gli editori italiani, per molti anni, hanno sostenuto che i quotidiani e le riviste sportive erano sufficienti per raccontare lo sport. Negli ultimi tempi, invece, si è assistito a un vero e proprio mutamento di rotta, con  gli editori che si sono finalmente aperti allo sport, pubblicando sempre più libri sportivi in forma di saggi, biografie, romanzi e racconti; emblematico, tra tutti, il caso editoriale dell’autobiografia Open di Agassi, uscita in Italia presso Einaudi nel 2011. Nell’ultimo anno si è assistito a un’ulteriore crescita della letteratura sportiva, tanto che i libri con lo sport dentro sono aumentati del cento per cento. E, nella maggior parte dei casi, si tratta di opere di qualità. Come Tutti primi sul traguardo del mio cuore di Fabio Genovesi, già autore di Versilia Rock City ed Esche vive. 




Quella di Genovesi è una favola per cuori semplici sulle emozioni e le sensazioni che solo lo sport sa dare, in questo caso il ciclismo. Il libro del giovane scrittore di origini toscane è adatto a tutti, anche a chi di ciclismo non capisce nulla. La voce narrante di Tutti primi sul traguardo del mio cuore è Genovesi stesso, che racconta la prima volta in cui, ancora bambino, vide passare il Giro d’Italia in compagnia del mitico zio Aldo. In quell’occasione si alzò un vento magico: era il vento del gruppo, che arrivava enorme e colorato, innescando un’onda travolgente di emozioni. Da quel momento il bambino, ammaliato dall’incantamento prodotto da quel fulmineo passaggio di biciclette e magliette variopinte, comincia ad avere un solo chiodo fisso in testa: al Giro d’Italia, un giorno o l’altro, ci andrà da protagonista. Ma, dopo essersi accorto di non essere tagliato per correre con una bici, a malincuore decide di accantonare il suo sogno. 

Un giorno, però, quando il bambino Fabio Genovesi è diventato grande e ha ormai quarant’anni, arriva la chiamata che non si aspetta, e che risveglia il sogno dal dimenticatoio in cui è stato riposto: il Corriere della Sera gli chiede di partire dietro alla corsa rosa, e di fare una cronaca, tappa per tappa, del Giro d’Italia. Così cominciano le tragicomiche avventure del novello cronista sportivo, in un coinvolgente tour de force, pieno di allegri e appassionanti colpi di scena, che parte da Napoli, va giù in Calabria e in Puglia, e poi risale su verso la Toscana, e da lì sulle Dolomiti, in Slovenia e in Francia, per arrivare, infine, in una lunga giostra sulle alpi, a Brescia.

Fabio Genovesi si definisce un cialtrone che scrive; è invece un grande affabulatore che narra le sue storie con una naturalezza e una semplicità disarmanti. E, attraverso il sapiente e coinvolgente ritmo narrativo impresso da Genovesi, il fortunato lettore può “vedere” paesaggi favolosi e luoghi magici e incantevoli di una bellezza indicibile e soverchiante, lungo i quali si addossa la folla festante e variopinta dei tifosi; può assistere a fughe solitarie avventurose e a volate di gruppo all’ultimo respiro, con i ciclisti accomunati tutti dal sogno di vincere una tappa al giro, o tenere almeno per un giorno la mitica maglia rosa, o più semplicemente arrivare in fondo alla corsa rosa, non importa in quale posizione; e può sentirsi partecipe di esperienze e situazioni esilaranti, che provocano un riso contagioso, come l’incontro con il poeta calabro di paese Minno Minnini, o la paradossalità dovuta al fatto di seguire il Giro d’Italia e di perdersi per le strade della Slovenia. 

Finito il libro, ti viene da ripensare un po’ a quei ciclisti che, sotto un sole cocente che arrostisce la pelle,  o sotto una neve continua che ghiaccia il naso, la bocca e le mani, soffrono per arrivare alla fine della tappa, ma quando ci riescono sono felici. E per un attimo ti sembra di riconoscere, dietro a quelle sofferenze e a quelle felicità sportive, i tuoi giorni complicati, i tuoi pensieri, i tuoi sogni, i piccoli pezzi della tua vita.