RECENSIONE
Centuria di Giorgio Manganelli:
un’ infinita immaginazione onirica e comica
Il
libro[1],
divertente ,comico e surreale, è costituito da cento minuscoli testi narrativi,
ciascuno della precisa lunghezza di una facciata e mezza, senza titolo e con un
numero progressivo da uno a cento. I cento testi, dal contenuto estroso e
variegato, si configurano come dei grumi inventivi da cui possono dipanarsi
storie infinite.
Nelle
storie raccontate c’è sempre un’atmosfera sospesa tra l’ordinario e l’onirico,
tra il visionario e il quotidiano, dove dati concreti e vertiginose
allucinazioni appaiono intercambiabili[2]. Il
protagonista per cento volte , con disperata ironia, ripete la propria favola di inesistenza, tra storie
impossibili e bizzarrie più o meno ordinarie, mirabilmente orchestrate dal
genio creativo di Manganelli.
Molto
importante in Centuria è l’elemento fantastico: s’incontrano draghi e dinosauri, misteriose e impossibili creature
non terrestri ed esseri onirici. Si tratta di un fantastico che sconfina spesso
nell’allucinazione, il cui fine è portare il lettore al disorientamento e a un
sorridente smarrimento. Diverse centurie sono, in particolare,dedicate ai
fantasmi, gli esseri fantastici per eccellenza. I fantasmi di Manganelli
irridono il genere ghost tradizionale,
dando vita a un evidente gioco parodico. Vivono, infatti, in uno stato
antinomico perché da un lato sembrano accettare la tradizione, abitando in
castelli in rovina difficilmente accessibili e condividendo lo spazio con
animali notturni; dall’altro detestano la vita isolata e asociale, tipica dei
fantasmi tradizionali, amanti della solitudine e desiderosi di spaventare gli
esseri viventi[3].
I fantasmi di Manganelli, dunque, sono degli esseri buffi che perdono così la
loro funzione orrifica e spaventevole. Nel
tentativo di impaurire l’uomo, infatti, fanno rumori ridicoli e scuotono
le tende in modo goffo. Inoltre essi stessi soffrono degli analoghi disturbi e
vizi umani, poiché appaiono come esseri abbastanza stupidi, annoiati e ansiosi,
che presentano problemi di incomunicabilità. Anche i luoghi tipici del
fantastico tradizionale vengono irrisi. Così il castello, tipica dimora del
fantasma, è descritto come una residenza dal modesto valore artistico che
include anche dei balconi in finto gotico fiorito, e un ponte deforme e
pericolante.
Con
l’elemento fantastico convivono in Centuria le situazioni e i personaggi più o
meno ordinari, caratterizzati da stramberie varie. E’ il caso della Centuria
venticinque, che racconta le peripezie di un signore completamente ubriaco, che
barcolla paurosamente nel tentativo di tornare a casa, ed è colto in preda al
vaneggiamento e al caos della propria mente. O dell’uomo della Centuria
trentuno che se ne sta tutto il giorno senza far niente, pensando alle cose
meravigliose che potrebbe fare. E non avendo relazioni sociali di alcun tipo,
tratta l’arredamento della propria casa e le proprie pantofole come persone a
cui dare e da cui ricevere affetto e coccole. O del signore completamente matto
della Centuria [trentuno][4]
che, scontento della sua esistenza, ama auto-insultarsi
per tutto il giorno. Così si scrive biglietti di insolenze e insulti, se li
mette in tasca, e, quando è per strada, li estrae e li legge ad alta voce.
Altro
argomento-chiave di Centuria è quello amoroso. Amori assurdi e paradossali sconvolgono
le pagine del libro. Il tema viene svolto in chiave di giocosa comicità nella
Centuria cinquantasei in cui il protagonista è un signore paranoico che nella
sua insipida vita si è innamorato tre volte: di una donna nuda vista in una
rivista pornografica, di un’ altra donna a cui non ha mai rivolto la parola, e
di una signora incontrata in un autobus alla quale dichiara il proprio amore,
ottenendo un cortese rifiuto che lo rende comunque felicissimo. Molto simile,
ugualmente comica, e ancora più assurda è la Centuria settanta in cui c’è un
giovane uomo innamorato di tre donne che non ha mai visto: due vissute
rispettivamente tre secoli e due secoli prima, e la terza che nascerà due
secoli dopo la sua morte. L’amore può essere anche materno come nell’ assurda
Centuria settantacinque in cui una donna partorisce una sfera e se ne prende
cura come di un neonato, sentendosi una madre felice.
Situazioni
paradossali e impossibili affollano il libro. E’ il caso della Centuria
cinquantuno in cui si descrive la convivenza di un gruppo di inquilini con un
vicino di casa che non esiste, da un lato inquilino ideale per la sua estrema
discrezione, dall’altro odiato perché fonte di invidia in quanto rappresentante
di un’evasiva perfezione del nulla. Nella Centuria trentadue, invece, il
protagonista è una statua di gesso con dei sentimenti umani, contenta di fare
il monumento e di divertirsi con i piccioni che svolazzano intorno ad essa,
depositandogli addosso delle simpatiche cacche. Nella Centuria [diciannove][5]
viene raccontato l’assurdo destino del primo uomo che morì: egli prende alla
sprovvista i
dipendenti
dell’aldilà che, non sapendo cosa farsene di lui, gli mettono a disposizione
una stanza tranquilla con panorama di nuvole.
Infine
c’è una Centuria, la [diciassette][6],
in cui vengono raccontati i terribili e assurdi pensieri di un bambino che
gioca a progettare la morte, per propria mano, del padre e della madre, mostrando
una straordinaria somiglianza con Stewie Griffin, il protagonista di un
divertente e recente cartone animato americano , I Griffin[7].
Stewie, infatti, allo stesso modo del protagonista del racconto di Manganelli,
è un terribile piccolino con assurde e comiche fantasie omicide nei confronti
della mamma, e medita di ucciderla con progetti impossibili, frutto
dell’immaginazione spropositata tipica di un bambino.
Tratto da "IL SORRIDENTE E TRAGICOMICO MONDO DEI MATTI- La follia come fonte di comicità nella narrativa italiana dal secondo Novecento fino ai giorni nostri" di Marco Adornetto
[1] Giorgio
Manganelli, Centuria. Cento piccoli
romanzi fiume, Rizzoli Editore, Milano 1979, e Adelphi Edizioni, Milano
1995
[2] Mario Barenghi, Narrazione, in Giorgio
Manganelli, a cura di Marco Belpoliti e Andrea Cortellessa, Editore Marcos
Y Marcos (collana Riga), Milano 2006
[3] Silvia
Zangrandi, La fantasticheria visionaria
di Giorgio Manganelli, in Cuadernos
de Filologia Italiana, 2008, vol.15, pag 181-197
[4] Si tratta di una centuria, conservata
nell’archivio Adelphi, che era stata scartata da Manganelli, e non fa quindi
parte dell’elenco dei cento racconti. È stata pubblicata nell’edizione di Centuria del 1995.
[5] Si
tratta di una centuria, conservata nell’archivio Adelphi, che era stata
scartata da Manganelli, e non fa quindi parte dell’elenco dei cento racconti.
E’ stata pubblicata nell’edizione di Centuria
del 1995.
[6] Si
tratta di una centuria, conservata nell’archivio Adelphi, che era stata
scartata da Manganelli, e non fa quindi parte dell’elenco dei cento racconti.
E’ stata pubblicata nell’edizione di Centuria
del 1995 - Anche in Hilarotragoedia
c’è un breve inserto narrativo in cui la voce narrante, dietro cui si nasconde
lo scrittore, fantastica di uccidere la madre.
[7] I Griffin è un cartone animato, ideato
dal disegnatore Seth Mac Farlane nel 1999, che ricalca in chiave umoristica i
vizi e le virtù della famiglia media americana.
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