lunedì 21 maggio 2012

Centuria di Giorgio Manganelli: un’ infinita immaginazione onirica e comica


RECENSIONE

Centuria di Giorgio Manganelli: un’ infinita  immaginazione  onirica e comica

Il libro[1], divertente ,comico e surreale, è costituito da cento minuscoli testi narrativi, ciascuno della precisa lunghezza di una facciata e mezza, senza titolo e con un numero progressivo da uno a cento. I cento testi, dal contenuto estroso e variegato, si configurano come dei grumi inventivi da cui possono dipanarsi storie infinite.
Nelle storie raccontate c’è sempre un’atmosfera sospesa tra l’ordinario e l’onirico, tra il visionario e il quotidiano, dove dati concreti e vertiginose allucinazioni appaiono intercambiabili[2]. Il protagonista per cento volte , con disperata ironia, ripete  la propria favola di inesistenza, tra storie impossibili e bizzarrie più o meno ordinarie, mirabilmente orchestrate dal genio creativo di Manganelli.
Molto importante in Centuria è l’elemento fantastico: s’incontrano draghi e  dinosauri, misteriose e impossibili creature non terrestri ed esseri onirici. Si tratta di  un fantastico che sconfina spesso nell’allucinazione, il cui fine è portare il lettore al disorientamento e a un sorridente smarrimento. Diverse centurie sono, in particolare,dedicate ai fantasmi, gli esseri fantastici per eccellenza. I fantasmi di Manganelli irridono il genere ghost tradizionale, dando vita a un evidente gioco parodico. Vivono, infatti, in uno stato antinomico perché da un lato sembrano accettare la tradizione, abitando in castelli in rovina difficilmente accessibili e condividendo lo spazio con animali notturni; dall’altro detestano la vita isolata e asociale, tipica dei fantasmi tradizionali, amanti della solitudine e desiderosi di spaventare gli esseri viventi[3]. I fantasmi di Manganelli, dunque, sono degli esseri buffi che perdono così la loro funzione orrifica e spaventevole. Nel  tentativo di impaurire l’uomo, infatti, fanno rumori ridicoli e scuotono le tende in modo goffo. Inoltre essi stessi soffrono degli analoghi disturbi e vizi umani, poiché appaiono come esseri abbastanza stupidi, annoiati e ansiosi, che presentano problemi di incomunicabilità. Anche i luoghi tipici del fantastico tradizionale vengono irrisi. Così il castello, tipica dimora del fantasma, è descritto come una residenza dal modesto valore artistico che include anche dei balconi in finto gotico fiorito, e un ponte deforme e pericolante.
Con l’elemento fantastico convivono in Centuria le situazioni e i personaggi più o meno ordinari, caratterizzati da stramberie varie. E’ il caso della Centuria venticinque, che racconta le peripezie di un signore completamente ubriaco, che barcolla paurosamente nel tentativo di tornare a casa, ed è colto in preda al vaneggiamento e al caos della propria mente. O dell’uomo della Centuria trentuno che se ne sta tutto il giorno senza far niente, pensando alle cose meravigliose che potrebbe fare. E non avendo relazioni sociali di alcun tipo, tratta l’arredamento della propria casa e le proprie pantofole come persone a cui dare e da cui ricevere affetto e coccole. O del signore completamente matto della Centuria [trentuno][4] che, scontento della sua esistenza, ama  auto-insultarsi per tutto il giorno. Così si scrive biglietti di insolenze e insulti, se li mette in tasca, e, quando è per strada, li estrae e li legge ad alta voce. 
Altro argomento-chiave di Centuria è quello amoroso. Amori assurdi e paradossali sconvolgono le pagine del libro. Il tema viene svolto in chiave di giocosa comicità nella Centuria cinquantasei in cui il protagonista è un signore paranoico che nella sua insipida vita si è innamorato tre volte: di una donna nuda vista in una rivista pornografica, di un’ altra donna a cui non ha mai rivolto la parola, e di una signora incontrata in un autobus alla quale dichiara il proprio amore, ottenendo un cortese rifiuto che lo rende comunque felicissimo. Molto simile, ugualmente comica, e ancora più assurda è la Centuria settanta in cui c’è un giovane uomo innamorato di tre donne che non ha mai visto: due vissute rispettivamente tre secoli e due secoli prima, e la terza che nascerà due secoli dopo la sua morte. L’amore può essere anche materno come nell’ assurda Centuria settantacinque in cui una donna partorisce una sfera e se ne prende cura come di un neonato, sentendosi una madre felice.
Situazioni paradossali e impossibili affollano il libro. E’ il caso della Centuria cinquantuno in cui si descrive la convivenza di un gruppo di inquilini con un vicino di casa che non esiste, da un lato inquilino ideale per la sua estrema discrezione, dall’altro odiato perché fonte di invidia in quanto rappresentante di un’evasiva perfezione del nulla. Nella Centuria trentadue, invece, il protagonista è una statua di gesso con dei sentimenti umani, contenta di fare il monumento e di divertirsi con i piccioni che svolazzano intorno ad essa, depositandogli addosso delle simpatiche cacche. Nella Centuria [diciannove][5] viene raccontato l’assurdo destino del primo uomo che morì: egli prende alla sprovvista i
dipendenti dell’aldilà che, non sapendo cosa farsene di lui, gli mettono a disposizione una stanza tranquilla con panorama di nuvole.
Infine c’è una Centuria, la [diciassette][6], in cui vengono raccontati i terribili e assurdi pensieri di un bambino che gioca a progettare la morte, per propria mano, del padre e della madre, mostrando una straordinaria somiglianza con Stewie Griffin, il protagonista di un divertente e recente cartone animato americano , I Griffin[7]. Stewie, infatti, allo stesso modo del protagonista del racconto di Manganelli, è un terribile piccolino con assurde e comiche fantasie omicide nei confronti della mamma, e medita di ucciderla con progetti impossibili, frutto dell’immaginazione spropositata tipica di un bambino.

Tratto da "IL SORRIDENTE E TRAGICOMICO MONDO DEI MATTI- La follia come fonte di comicità nella narrativa italiana dal secondo Novecento fino ai giorni nostri" di Marco Adornetto






[1] Giorgio Manganelli, Centuria. Cento piccoli romanzi fiume, Rizzoli Editore, Milano 1979, e Adelphi Edizioni, Milano 1995
[2]  Mario Barenghi, Narrazione, in Giorgio Manganelli, a cura di Marco Belpoliti e Andrea Cortellessa, Editore Marcos Y Marcos (collana Riga), Milano 2006
[3] Silvia Zangrandi, La fantasticheria visionaria di Giorgio Manganelli, in Cuadernos de Filologia Italiana, 2008, vol.15, pag 181-197
[4]  Si tratta di una centuria, conservata nell’archivio Adelphi, che era stata scartata da Manganelli, e non fa quindi parte dell’elenco dei cento racconti. È stata pubblicata nell’edizione di Centuria del 1995.
[5] Si tratta di una centuria, conservata nell’archivio Adelphi, che era stata scartata da Manganelli, e non fa quindi parte dell’elenco dei cento racconti. E’ stata pubblicata nell’edizione di Centuria del 1995.

[6] Si tratta di una centuria, conservata nell’archivio Adelphi, che era stata scartata da Manganelli, e non fa quindi parte dell’elenco dei cento racconti. E’ stata pubblicata nell’edizione di Centuria del 1995  -  Anche in Hilarotragoedia c’è un breve inserto narrativo in cui la voce narrante, dietro cui si nasconde lo scrittore, fantastica di uccidere la madre.

[7] I Griffin è un cartone animato, ideato dal disegnatore Seth Mac Farlane nel 1999, che ricalca in chiave umoristica i vizi e le virtù della famiglia media americana.

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