lunedì 16 dicembre 2013

Dylan Dog: Un eterno ragazzo, sgangherato e sgangherabile



"Non sono gli anni a farti diventare vecchio, si invecchia quando si abbandonano i propri sogni. Giovane è chi accetta, nonostante tutto di continuare ad amare e a soffrire, chi non indietreggia di fronte all'incerto e spesso crudele gioco della vita. E' per questo che per Dylan gli anni non passeranno: resterà uguale a se stesso, un eterno ragazzo, fino alla fine dei suoi giorni"

Tratta dall'ultima pagina dell'albo numero 261 di Dylan Dog "Saluti da Moonlight"



"Dylan Dog è un capolavoro, poiché ogni capolavoro ha in comune due cose: è sgangherato e sgangherabile. Sgangherato perché nasce senza un'idea precisa e prosegue senza un'idea precisa; sgangherabile perché se estrai una sua vignetta dalla tavola, essa funziona anche da sola"

Umberto Eco




I miei tre albi preferiti











Antistoria del fumetto italiano- Il caso Dylan Dog

mercoledì 4 dicembre 2013

Vagabondare tra le parole: Passeggiare e Spasseggiare



"Spasseggiare significa passeggiare con divertimento, cioè includendo nel passeggio anche lo spasso. Una passeggiata solitaria in un bosco difficilmente potrà essere una spasseggiata. La spasseggiata comprende lo scherzo e lo scherno, lo sgambetto e la rincorsa, il vetro rotto e il pesce d’aprile, l’anacoluto e la rima baciata, il crudo e il cotto, la scopata e l’inculata, la pizza e il gelato da passeggio che in questo caso diventa il gelato da spasseggio."

Luigi Malerba, I Neologissimi





"Quali sono le mie dipendenze? Sì, una c'è. Cammino di notte, ogni notte, per le strade della città dove vivo, con qualsiasi tempo: caldo, freddo, pioggia, neve, grandine, vento. Ho cominciato a trent'anni, uscivo di notte, camminavo con una lattina di birra in mano lungo strade dove non passava nessuno, parchi vuoti e deserti dove si aggiravano solo spacciatori e drogati e povere, dolci puttane bambine, perché avevo perduto la mia vita, non avevo una direzione, stavo solo conficcando la mia povera testa cieca nell'infinito buio del mondo. Uscivo di notte e camminavo per ore. Un passo dopo l'altro. Non so verso dove. Nelle tasche tenevo dei foglietti e, mentre di notte camminavo, scrivevo e scarabocchiavo in fretta." 

Antonio Moresco, Camminare da solo di notte  (tratto dalla rivista Granta, numero 4 dedicato al tema "Dipendenze")






"L'unica cosa che gli piaceva era andare in giro tutto il giorno per le strade a caso, trascinando i piedi lentamente e fermandosi ogni tanto a guardare la facciata di una casa a testa in su. Erano quei giorni d'avvicinamento all'estate che avevano le ombre così lunghe di primo mattino, con poca gente per strada e un'aria di stanchezza dappertutto che era un piacere. Strade assolate col silenzio dei giorni vuoti, case addormentate e pacifiche allo sguardo. E il frescolino degli androni? Tra i migliori ricordi. Qualcuno passava in bicicletta nel sole e ti sembrava di essere all'equatore. Qualcuno stava affacciato alla finestra e subito ti veniva da sbadigliare. In quei giorni si stava bene ad essere svogliati e ronzare come le mosche nelle cucine di campagna, poi trascinare le scarpe verso nessuna meta come cani che vanno a zonzo in cerca di ossi. I pensieri si scioglievano nel moto dei piedi, e uno non si ricordava più di avere un padre e una madre, di avere una famiglia, neanche di avere un nome e un cognome. Veniva la voglia di stendersi su un marciapiede all'ombra come i gatti."

Gianni Celati, Vite di pascolanti






"Orlo, bordo, confine, selve, monti, mare, alberi, zolla, cane, vigna, nuvole, vacca, panchina, sole, alba, tramonto, e vento, neve, pioggia, e altro vento, e altra neve, e aprile, e il verde di maggio, e il nero di settembre, silenzio senza opinioni, luce senza commenti, voglio solo che la vita sfili, se ne vada da dove è venuta, non la trattengo, non voglio trattenere niente, camminare, guardare gli alberi, non dire e non fare nient'altro che il giro dei confini, andare sempre più dentro a certi confini, non superarli, non mirare al centro, non mirare alle passioni di tutti, disertare, prendere confidenza col cielo, ma farlo senza vantarsene, non sputare parole sul mondo e sugli altri, camminare, uscire perché è uscito il sole"

Franco Arminio, Geografia commossa dell'Italia interna




"Camminai tranquillamente per un bel pezzo su questa strada, pensando i miei pensieri con la parte anteriore del cervello, e intanto, con quella posteriore, godendo la vasta bellezza del mattino. L'aria era chiara, frizzante, copiosa e inebriante. La sua potente presenza era manifesta ovunque: scuoteva vivacemente ogni cosa verde e conferiva maggiore dignità e definitezza alle pietre e alle rocce, ordinava e riordinava incessantemente le nubi e spirava vita nel mondo. Il sole era emerso dal suo nascondiglio e ora si librava benigno, basso nel cielo, riversando ondate di incantevole luce e preliminari fremiti di calore..."

Flann O'Brien, Il terzo poliziotto








Stefano Rosso, Passeggiata





 

Roberto Benigni, Il Mostro


martedì 12 novembre 2013

Vagabondare tra le parole: Caffè

"Ecco il caffè, signore, caffè in Arabia nato, | E dalle carovane in Ispaan portato. | L'arabo certamente sempre è il caffè migliore; | Mentre spunta da un lato, mette dall'altro il fiore. | Nasce in pingue terreno, vuol ombra, o poco sole. | Piantare ogni tre anni l'arboscel si suole. | Il frutto non è vero, ch'esser debba piccino, | Anzi dev'esser grosso, basta sia verdolino, | Usarlo indi conviene di fresco macinato, | in luogo caldo e asciutto, con gelosia guardato. | ... A farlo vi vuol poco; | Mettervi la sua dose, e non versarlo al fuoco. | Far sollevar la spuma, poi abbassarla a un tratto | Sei, sette volte almeno, il caffè presto è fatto..."  

Carlo Goldoni, da La Sposa Persiana


"Se noiosa ipocondria t'opprime, | O troppo intorno a le vezzose membra | Adipe cresce, de' tuoi labbri onora | La nettarea bevanda, ove abbronzato | Fuma et arde il legume a te d'Aleppo | Giunto, e da Moca, che di mille navi | Popolata mai sempre insuperbisce."   

Giuseppe Parini, da Il Giorno   




"Il caffè, per essere buono, deve essere nero come la notte, dolce come l'amore e caldo come l'inferno"  Michail Bakunin


Eduardo De Filippo

"Ecco un  profumo che amo molto,quando si tosta il caffè vicino casa mia, ci sono i vicini che chiudono la porta, io invece apro subito la mia"  Jean Jacques Rousseau



Don Raffaè - Fabrizio de Andrè e Roberto Murolo


"Si cambia più facilmente religione che caffè"  Georges Courteline


Totò, da Totò, Peppino e i fuorilegge


"Bevo quaranta caffè al giorno per essere ben sveglio e pensare, pensare, pensare a come poter combattere i tiranni e gli imbecilli. Sarà senz'altro un veleno, ma un veleno lentissimo: io lo bevo già da settant'anni e, finora, non ne ho mai provato i tristi effetti sulla mia salute..."  Voltaire





Lino Banfi, da Vieni avanti cretino


lunedì 4 novembre 2013

L’importo della ferita e altre storie: le sarcastiche stroncature di Pippo Russo


Il sottotitolo de L’importo della ferita e altre storie di Pippo Russo è: Frasi veramente scritte dagli autori italiani contemporanei Faletti, Moccia, Volo, Pupo e altri casi della narrativa di oggi. Casi inquietanti si potrebbe aggiungere. Perché, se questa è la lingua usata dai maggiori autori di bestseller italiani, allora c’è davvero di che preoccuparsi.

Leggete queste frasi:

"Presero posto una di fronte all’altra, fronteggiandosi".  Giorgio Faletti

"Forse era umano avere timore quando si sente che si sta per morire". 
Giorgio Faletti

"Provavo da seduto e succedeva che dopo un po’ si afflosciava, ma non del tutto, e la pipì usciva tutta da quello spazietto che resta tra la ciambella e il water. Tutto sulle mutande e per terra. Mi toccava fare la scarpetta con la carta igienica". 
Fabio Volo

"L’odore della sua pelle mi ha fatto venire un’erezione al cuore".
  Fabio Volo
  

"Bacio. Bacio morbido,bacio lento, bacio non irruento. Bacio al Traminer, bacio leggero, bacio di lingue in lotta, bacio surf, bacio sull'onda, bacio con morso, bacio che vorrei andare via ma non posso. Bacio non si può. Bacio c’è gente". 
Federico Moccia

"Gin mi si avvicina e mi dà una slinguazzata pazzesca dal basso verso l’alto, tipo frenata di caduta di cono gelato mezzo sciolto". 
Federico Moccia

Siete ancora vivi? Benissimo! Incominciamo il nostro tragicomico percorso attraverso il divertente e interessante libro di Pippo Russo, un testo utile per capire molte cose sulla cosiddetta narrativa italiana contemporanea di successo.

Il sarcastico saggio, in cui il sociologo e giornalista di origine siciliana conduce un accurato e spietato lavoro di sezionamento e analisi dei testi indagati, è diviso in tre parti: la prima è quella dei libropanettonisti, autori di libri concepiti come fossero cinepanettoni, e include la raccapricciante triade Faletti-Volo-Moccia; si passa poi ai narratori improvvisati, personaggi famosi come Pupo e Giuliano Sangiorgi che, inspiegabilmente da un giorno all’altro e senza alcun motivo valido, hanno deciso di scrivere un libro; si chiude, infine, con i premiati, scrittori come Scurati e Piperno che, non si sa perché, hanno vinto ambiti premi letterari.

Il viaggio di Pippo Russo nelle infime bolge della narrativa italiana contemporanea parte con Giorgio Faletti, quello di "Drive In" e di "Minchia Signor Tenente", autore dei thriller più lenti della storia. Colui che è stato definito da qualche pseudo-critico compiacente il più grande scrittore italiano, nei suoi libri presenta agghiaccianti errori di grammatica, raggelanti battute umoristiche alla Vito Catozzo, e "trame parecchio malferme che suscitano nei poveri lettori la medesima tensione emotiva che darebbe il vedere un trancio di pizza della sera prima scaldarsi nel forno a microonde".






Si passa poi a Fabio Volo, i cui scadenti romanzi pullulano di inutili personaggi "bimbiminkia". L’autore de L’importo della ferita e altre storie dichiara di aver provato molta vergogna a comprare i libri di Volo. E per non farsi cogliere sul fatto ha dovuto ricorrere a diversi sotterfugi. Nel caso dell’acquisto de Il giorno in più, per esempio, ecco cosa deve escogitare: "Ho comprato quasi tutti i libri di Fabio Volo presso punti vendita al di fuori dei miei giri soliti. Questione di reputazione. Del resto, forse qualcuno di voi acquista i dvd porno dall’edicolante di fiducia? Nel caso di Il giorno in più, l’acquisto avvenne in una delle edicole della stazione centrale di Bologna; non dico quale, perché significherebbe infierire. La ragazza dietro al banco, constatando ciò che stavo acquistando, si sdilinquì immediatamente e disse che quello era il libro più bello letto in vita sua, complimentandosi con me per la scelta. Mi astenni dal dirle che se lo compravo era per massacrarlo. Del resto, povera donna, se dice che Il giorno in più è il libro migliore della sua vita ha dato già testimonianza spietata di cosa sia la sua vita. Darle un’ulteriore picconata sarebbe stato sadismo puro".


Il tribolato viaggio libresco prosegue, ahimè, con Federico Moccia, il narratore che nei suoi romanzi, appassionanti come episodi dei Teletubbies (con tutto il rispetto per i Teletubbies), dà vita a un mondo di coglioni popolato dagli Step, dai Babi, dai Pollo, dai Pallina, dai Gin e dai Niki, adolescenti coatti e trogloditi all'ennesima potenza. Pippo Russo racconta che, dopo aver letto tutti i libri di Moccia, fu tormentato da pensieri e progetti cupi e violenti, come quello di tirare un cazzotto sulle gengive della prima quindicenne dalle unghie smaltate fosforescenti e dal telefonino con la custodia fucsia incontrata per strada.









Si continua poi appassionatamente con Enzo Ghinazzi, alias Pupo, il cui fortunatamente unico romanzo presenta un ritmo della narrazione simile a quello di una vecchietta che, seduta in poltrona, è impegnata in estenuanti punti-croce. E con Giuliano Sangiorgi, leader dei Negramaro, che ha esordito recentemente nel campo della narrativa con la pessima opera prima (e speriamo ultima) Lo Spacciatore di carne.




La terza e ultima parte, infine,  tratta dei premiati come Antonio Scurati, le cui frasi, una volta lette, presentano sensazioni di pesantezza insopportabile per il lettore, come aver fatto una colazione a base di cemento a presa rapida, o aver portato a spalla un caterpillar per tutto il percorso dell’Autosole. L’ultimo autore preso in esame è Alessandro Piperno, con la sua predilezione per la tematica della masturbazione e la tendenza a un’esibita pomposità letteraria.

Questo è solo un piccolo assaggio di quello che potete trovare nel libro di Pippo Russo. Se siete rimasti almeno un po’ incuriositi leggete L’importo della ferita e altre storie. Ne vale veramente la pena.







lunedì 14 ottobre 2013

A che serve un Perepè- Andrea Pazienza


A che serve un Perepè

Un giorno un cavallo, un perepè e una margherita giallo mare se ne andavano a spasso per il mondo.
“ALT!” 
disse il Gran Maestro dei Grigi sbucando da un cespuglio.
“Le margherite non vanno a spasso, lo sanno tutti! Quindi la favola finisce qua!”
“No, la margherita la porto con me” 
disse il cavallo
“Ciao” 
disse la margherita che era molto bene educata.

E i tre continuarono la passeggiata e il cavallo portava la margherita sulla groppa.
“UN MOMENTO!” 
disse di nuovo il Gran Maestro dei Grigi “chi ha mai sentito parlare di una margherita giallo mare? Il mare è blu! Lo sanno tutti, quindi la favola finisce qua!”
“No, guarda, quando il sole tramonta, il mare ha tutti i colori!”
disse il cavallo.
“Bah!” 
disse il Gran Maestro dei Grigi.

E i tre continuarono a girare il mondo in lungo e in largo.
“FERMI!”
disse ancora il Gran Maestro dei Grigi che era proprio uno scocciatore.
“Come mai tu che sei un cavallo parli, e questa margherita mi ha detto ciao? I cavalli non parlano, lo sanno tutti! Quindi la favola finisce qua!”
“Ma no! I cavalli parlano, solo che gli uomini non li capiscono. E la margherita, anche lei parla, sennò come faceva a salutare?”

E i tre continuarono la passeggiata ridendo e scherzando.
“FERMI TUTTI!” 
disse ancora il Gran Maestro dei Grigi “e va bene il cavallo parlante, va bene la margherita giallo mare, ma un perepè? A che serve un perepè?”
“Serve perché, quando c’è uno scocciatore come te, lui salta e fa: PEREPE’ PEREPE’!!!”

Andrea Pazienza detto Paz










sabato 7 settembre 2013

La Scuola comico-onirica di Maurizio Salabelle


Maurizio Salabelle (Cagliari 1959-Pisa 2003)  è stato uno degli autori più spiazzanti della narrativa italiana contemporanea. Gli scrittori prediletti da Salabelle e dai quali è stato influenzato sono gli italiani Federigo Tozzi, Giorgio Manganelli, Luigi Malerba e Lucio Mastronardi, i francesi Gustave Flaubert e Georges Perec, lo svizzero Robert Walser e l’austriaco Thomas Bernhard.  Si tratta di autori tutti accomunati dal fatto di essere dei “visionari” , come del  resto anche Salabelle. Essi, attraverso la rappresentazione verbale dei loro sogni, deliri e allucinazioni, oltre a inquietare e intimorire, presentano sempre un lato comico perché le loro visioni fanno anche sorridere.
Nei romanzi di Salabelle prende forma un mondo comico e allo stesso tempo malinconico in cui circolano personaggi goffi, assonnati, sognanti, completamente strampalati e pieni di tic, che non si sentono a casa in nessun posto.

Tra i libri di Salabelle che, oltre a essere scrittore, è stato anche insegnante, uno dei più noti è Il maestro Atomi, opera di irresistibile comicità dedicata al mondo della scuola.
Il maestro Atomi viene pubblicato nel 1997 dalla casa editrice Comix e successivamente, dopo essere stato rivisto dallo stesso autore, nel 2004 nelle Edizioni Casagrande.
In una scuola elementare fantastica e onirica, reinventata attraverso gli occhi di un ragazzino che costituisce la voce narrante, Salabelle immette le più svariate invenzioni comiche. Nel libro è rappresentato un mondo infantile che scorre senza orientamento come un’epoca di felice confusione, generando un sorriso irriverente. In questa stravagante scuola governata dal caso e da un’imprevedibile follia si dipanano, in un inestricabile nodo, le storie allucinate di studenti buffi e maestri maniacali.

I piccoli alunni maschi hanno un’aria addormentata, inebetita e malinconica, e la faccia tutta sudata e odorante di formaggio rancido. Tossicchiano nervosamente, s’infilano le dita dentro le narici e, con timide alzate di mano e debole tono di voce, rivolgono domande insolite e inopportune al loro insegnante. Quando vedono una femmina della loro età, sentendosi profondamente a disagio e imbarazzati, diventano tutti rossi nel volto, emettono sospiri languidi e si grattano dappertutto nervosamente. L’universo femminile per questi piccoli studenti è avvolto da un alone di mistero che suscita un desiderio irrefrenabile misto a paura e timore reverenziale nei confronti delle coetanee studentesse. Così i maschietti, nel tentativo di possedere i segreti e il mistero della femminilità, ritagliano foto di donne seminude da riviste scandalistiche e da cataloghi di biancheria intima, le  nascondono  sotto il letto e la sera, prima di andare a dormire, le guardano a lungo con cupidigia, cercando di sentire il loro profumo, ma avvertendo solo un impalpabile odore di carta mista a inchiostro.

Il lunatico maestro Gennaro Atomi impartisce ai piccoli alunni lezioni più di scaltrezza che di cultura, interrogandoli non sull’aritmetica o sulla grammatica ma sull’uso degli elettrodomestici. Ha il viso pieno di cicatrici e un alito odorante di cipolla soffritta e finocchio, è perennemente distratto e non fa altro che sbattere le ginocchia contro il cassetto aperto della cattedra. Il maestro Atomi va e torna, si assenta e ritarda, ed è sostituito o affiancato da personaggi altrettanto comici e assurdi. Compare infatti nel libro, in sostituzione del mitico e imprevedibile titolare di cattedra, il supplente Gelli che, oltre a mangiarsi continuamente la pelle delle dita e a inghiottire pillole contro la calvizie, conduce bizzarri esperimenti scientifici, tentando di ricreare in una pentola da cucina le condizioni di quel brodo primordiale in cui la vita si sarebbe manifestata per la prima volta. E c’è anche l’aiuto-maestro Apini, dinoccolato e con un’altezza talmente fuori dai canoni da dover procedere tutto curvo come se non ce la facesse a sostenere il collo; questi è un sabotatore della conoscenza, completamente avulso da qualsiasi logica didattica, che gira tra i banchi suggerendo agli alunni cose completamente sbagliate e riducendo i loro quaderni a brandelli.


Completano il quadro della scuola comico-onirica "dipinta" da Salabelle i bidelli che, con la loro faccia piena di macchie, il colorito rossastro e le labbra scure e sempre umide, assomigliano a degli alcolizzati cronici.

Alla fine del libro ti viene da pensare che l'ideale prosecuzione del percorso di studi di questi piccoli, goffi e impertinenti studenti, usciti fuori dall'estrosa penna di Salabelle, potrebbe essere data dal tragicomico liceo,caratterizzato da insegnanti buffi e grotteschi, che Federico Fellini ha "inventato" e magistralmente rappresentato nel suo bellissimo film Amarcord.

Il Maestro Atomi è uno dei più bei libri di narrativa sul mondo della scuola e dell’infanzia, e merita di essere letto almeno una volta nella vita.




mercoledì 17 luglio 2013

L'Artista è sempre un Bambino- Vincenzo Cerami



"L’artista è sempre un bambino, è ricco finché non diventa ricco. La sete di denaro lo uccide. Più il suo conto in banca aumenta più diminuisce il suo talento. Ho conosciuto tanti poeti, straordinari per integrità e naturalezza. Alcuni sono ancora là, nella storia, giocosi e innocenti, creativi fino alla fine dei loro giorni. Vanno considerati alla stessa stregua dei santi e dei geni dell’umanità. Ma gran parte di loro li ho visti spegnersi quando hanno cominciato a smaniare per il successo. I soldi, spesso così tanti da non poter essere tutti spesi e goduti, trasformano un artista in un idiota che crede di essere ormai un vate, un messaggero di valori tanto altisonanti quanto insinceri e patetici. Non c’è essere umano più corrotto di un artista che si vende l’anima.
L’arte, per definizione, è purezza. Il candore ha un prezzo, e l’artista lo paga fino in fondo. Per lui un’invenzione poetica è un gesto che regala al mondo senza contropartite. Quando non è più generoso diventa un servo. L’artista autentico non cerca i grandi numeri, ne vuole pochi, che poi diventano tanti al di là della sua volontà.
Ma, se ancor prima di pensare ad esprimere il proprio talento, calcola quanto può ricavarci, vuol dire che ha rinunciato a se stesso, si trasforma in un commerciante, volgare perché monetizza l’arte, un dono di Dio.
Il risultato finale è che l’artista venduto diventa una caricatura, un cialtrone che pensa solo a riempirsi le tasche e scredita l’arte. È un piazzista. Finisce cioè per disperdere le sue qualità al solo scopo di rimpinguare il conto in banca.
Per fortuna ci sono artisti che sono rimasti tali fino all’ultimo giorno della loro vita.
Gli affaristi sono destinati a morire senza lasciar traccia."

Per fortuna ci sono artisti che sono rimasti tali fino all’ultimo giorno della loro vita. Come Vincenzo Cerami.

Vincenzo Cerami (2 Novembre 1940- 17 Luglio 2013)














lunedì 8 luglio 2013

Rutti della nonna all'uovo fresco che puzza ancora del culo della gallina

"Mia nonna quando faceva i rutti non erano rutti di cocacola e pepsicola. Erano rutti che sapevano di ovo fresco. Mia nonna all'ovo gli faceva un buco con l’unghia lunga del mignolo e se lo beveva. Diceva sempre: -Com'è fresco quest’ovo! Ha ancora la puzza del culo della gallina.”

Ascanio Celestini, "La pecora nera"




    
    Salvador Dalì, "L'Aurora"





Gigi Meroni e la sua amica gallina



                                       
                                     Lucio Battisti  "Il leone e la gallina"

venerdì 28 giugno 2013

Da costa a costa di Lorenzo Bracco e Dario Voltolini: Un tragicomico viaggio a prezzi stracciati

Da costa a costa
di Lorenzo Bracco e Dario Voltolini
BookSprint Edizioni, 2012


Da costa a costa è un libro molto piacevole che racconta l’esilarante viaggio in crociera di due amici, lo psicoterapeuta L e il paziente D. Si tratta di un divertentissimo diario di bordo, scritto a quattro mani da Dario Voltolini (D), uno dei migliori narratori italiani contemporanei, già autore del piccolo capolavoro Forme d’onda, e da Lorenzo Bracco (L), medico di chiara fama.

Per cercare di “leccare le loro ferite” e svagarsi un po’, D e L decidono di fare assieme una settimana di vacanza scacciapensieri e, approfittando della promozione di una crociera a prezzi stracciati, finalmente partono, portandosi nel viaggio i loro modi d’essere, le loro manie e fissazioni, e i loro piccoli problemini.
D, essere sventurato e camaleontico, si trasforma in conseguenza del contesto in cui si trova: è santo quando la gente si aspetta di lui che sia santo, ubriacone quando la gente vuole che lui sia un ubriacone. E se mangia latte o latticini di mucca emette un odore di topo morto.
Il lagnoso e sfortunato L, invece, può mangiare solo cibi senza glutine e ha una gamba rotta, causa di una serie di disavventure che solo a raccontarle ci vorrebbe un altro libro.

I due, eredi marittimi di Don Chisciotte, narrano le loro mirabolanti avventure all’interno della nave, dotata di ogni comfort e con varie strutture ricreative, come la palestra:
Le loro movenze nella sala ginnica sono misurate  precise, agili e leggiadre come due Tir che fanno manovra nell’area di parcheggio dell’autogrill”
e il teatro 
“Il posto in prima fila, che, non si sa come mai, è rimasto libero per noi nonostante il ritardo, offre l’opportunità di vedere lo spettacolo da sotto le gonne delle ballerine.”

Non da meno sono le tragicomiche peregrinazioni dei due amici nelle varie tappe di fermata del percorso, dalla costa adriatica a quella tirrenica: Venezia, Bari, Corfù (con il suo monastero ortodosso di Paleokastritsa, popolato da 8 monaci e 32 gatti), Malta, Napoli, Genova, Marsiglia e Livorno.

Nel libro vengono perfino raccontati gli inconvenienti, incontrati durante il processo di scrittura del diario di bordo, che producono ulteriori lampi di comicità
“Un momento, perché D si è ferito mentre scriveva. Alle parole di L, D che era al computer girò il viso e andò a urtare contro la propria unghia ferendosi la guancia. Comunque si riprende prontamente come un antico guerriero e ricomincia a pestare sul computer.”

Finito il libro ti resta una sensazione di freschezza e di allegria, e sembra quasi che a essere andati in crociera siete stati in tre: tu, Bracco e Voltolini.