lunedì 17 marzo 2014

Un tipo a posto di Miriam Toews: Una sognante leggerezza

                                         


Italo Calvino afferma nelle sue Lezioni Americane che la leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall'alto e non avere macigni sul cuore. Un tipo a posto della scrittrice canadese Miriam Toews, con ottima traduzione di Daniele Benati e Paola Lasagni, è un inno alla gioia, un libro comico e malinconico, dolce e sognante che  rappresenta alla perfezione la leggerezza calviniana.
La storia di Un tipo a posto è ambientata ad Algren, che con i suoi millecinquecento abitanti è la città più piccola del Canada. Essere la più piccola città costituisce un diritto alla celebrità e dà come premio la visita del primo ministro il giorno della festa nazionale. Ma Algren, per continuare ad avere lo status di città più piccola del Canada, deve mantenere costantemente i suoi millecinquecento abitanti, non uno di più né uno di meno. 
Il sindaco di Algren, un tipo bizzarro e stralunato, fa di tutto per conservare questo primato. E, per realizzare quello che sembra essere l’unico scopo e l’unica missione delle sue giornate, cerca in ogni modo di controllare e far quadrare il bilancio nascite-morti. Ma, tra gente che parte e gente che arriva, parti trigemini e morti improvvise, il compito del sindaco si rivelerà assai arduo e pieno di continui imprevisti.

martedì 11 marzo 2014

Un tebbirile intanchesimo e altri rattonchi di Carlo Sperduti : Un delirante gioco di parole

Un tebbirile intanchesimo e altri rattonchi
di Carlo Sperduti
Gorilla Sapiens Edizioni, 2013



Un tebbirile intanchesimo e altri rattonchi di Carlo Sperduti è un libro strampalato, surreale e delirante fin dal titolo. E si tratta di un delirio costante che emerge già dalla prefazione, firmata da un certo Gero Mannella, la cui breve nota biografica riporta le seguenti informazioni: “Scrive cazzate sin dalla più tenera età, si scaccola ai funerali con la mano non visibile al morto e usa pisciare dando le spalle alla rotazione terrestre”. 

Il giovane Sperduti erge a protagoniste indiscusse dei suoi racconti le parole, che innescano un confusionario e vaneggiante gioco fonico, sfociante quasi sempre nel non sense. I funambolici giochi di parole dell’autore sono in qualche modo affini alle sperimentazioni linguistiche dell’OpLePo, l’Opificio di Letteratura Potenziale, e in particolare ai divertissement poetici di Paolo Albani e all’originalissimo libretto I sette cuori di Ermanno Cavazzoni.

Nei racconti di Sperduti, caratterizzati dalla leggerezza, dal fine umorismo e dal sottile gusto per il paradosso, tutto è possibile. Si possono trovare streghe dislessiche. Un fusillo, precipitato per terra dopo una forchettata maldestra, può dar vita a un giallo misterioso che si risolverà solo dopo molti anni. Uomini innamorati, appena lasciati da una donna bionda di nome Chiara, non possono ordinare al bar una birra chiara, e nemmeno una birra bionda, perché il solo pronunciare quelle due parole andrebbe ad acuire la loro sofferenza. Si può, infine, avere a che fare con strane ragazze, affette dalla sindrome delle canzonette, che presentano il tic di pronunciare in ogni momento delle loro giornate la stessa snervante melodia Turuttuttù nairananài. 

Il lettore, di fronte a certi passaggi assurdi e quasi incomprensibili presenti nel testo di Sperduti, viene totalmente sviato e non sa se è meglio ridere o piangere, continuare a leggere o chiudere definitivamente il libro. Dopo qualche tentennamento, decide però di leggerlo tutto, e alla fine rimane in uno stato di trance, completamente istupidito, ma con uno strano sorriso sulle labbra che non si sa spiegare. E non può far altro che constatare che i racconti di Sperduti, pur nella loro anomalia e assurdità, sono davvero divertenti e originali.