giovedì 4 giugno 2015

"Chi manda le onde" di Fabio Genovesi: i regali del mare che portano sorrisi e lacrime








Chi manda le onde di Fabio Genovesi, già autore di Tutti primi sul traguardo del mio cuore (leggi la recensione), è un romanzo fatto di tante storie che si intrecciano tra di loro in modo perfettamente calibrato e armonioso. Il libro, candidato al Premio Strega 2015, è ambientato a Forte dei Marmi, luogo di villeggiatura nel cuore della Versilia e sfondo prediletto della narrativa di Genovesi, che in questa cittadina è nato e cresciuto, e qui ha trovato l’ispirazione e le idee per le sue creazioni narrative. Per lo scrittore toscano, infatti, la Versilia è  un parco giochi per la scrittura, un vero e proprio luogo dell’anima e un posto perfetto per scrivere storie perché in questi luoghi c'è tutto: il mare e la montagna a pochi chilometri di distanza.

Come si può dedurre dal bellissimo titolo, Chi manda le onde, al centro di tutto c’è il mare immenso  
con la sua acqua che non dorme mai, e le sue onde che arrivano da sempre e per sempre una dopo l’altra, toccano la riva e sembra che finiscano lì, ma invece non finiscono. Solo tornano indietro per farne salire altre e altre e altre
Le onde arrivano piano e si spalmano sulla sabbia e, prima di tornare indietro, lasciano qualcosa sulla riva. Sono i regali del mare: conchiglie, pezzi di legno, lattine, scarpe, giocattoli rotti  e altri miliardi di cose. Ma il mare di Fabio Genovesi, insieme alle onde, porta soprattutto storie che arrivano e travolgono la superficie calma della vita dei personaggi del romanzo.

C’è Serena, una donna molto bella a cui la vita ha riservato solo delusioni. Le sue uniche gioie sono i suoi due figli: Luna, una ragazzina albina molto sensibile, che deve evitare la luce il più possibile ma è attratta dal sole in modo irresistibile; e Luca, un ragazzo bellissimo con la passione per il surf, che si fa travolgere da un’onda sbagliata. Poi ci sono Zot, un bambino basso e secco che viene da Chernobyl, si comporta come un vecchio e parla in un italiano antico, modellato sulle canzoni di Claudio Villa; e il suo nonno adottivo Ferro, un vecchio bagnino burbero e scorbutico che ce l’ha con i russi che hanno invaso Forte dei Marmi; infine c’è Sandro, supplente precario d’inglese e quarantenne senza speranza che vive di espedienti, trascorrendo gran parte delle sue giornate in attività inutili insieme ai suoi due amici falliti, Marino e Rambo. I personaggi di Chi manda le onde vivono in una realtà piena di buche e pozzanghere, in cui sporcarsi fa parte di un gioco che prevede gioia e dolore, sorrisi e lacrime. Fabio Genovesi, con la sua ironia e la sua scrittura magistrale e leggera riesce a rendere perfettamente le emozioni di ognuno di loro, dando vita a un mondo pieno di storie che assomigliano a
un temporale, a una burrasca, a una tempesta di schiaffi, con dentro ogni tanto, per sbaglio, una carezza.


lunedì 16 febbraio 2015

La vita a pedali di Paolo Aresi: Una vita consacrata alla bici














Scriveva il grande Dino Buzzati diversi anni fa: "No, non mollare, bicicletta. Se tu capitolassi, non solo un periodo dello sport, un capitolo del costume umano sarà finito,ma si restringerà ancor più il superstite dominio dell’illusione dove trovano respiro i cuori semplici". Cuori semplici sono i personaggi del bel romanzo di Paolo Aresi La vita a pedali, dedicato a uno dei più grandi campioni del ciclismo italiano e mondiale di tutti i tempi, Felice Gimondi, vincitore in carriera di tutti e tre i Grandi Giri, Giro d’Italia (tre volte), Tour de France e Vuelta di Spagna, e di un campionato del mondo su strada.
Fonte di ispirazione del romanzo di Aresi è stato un luogo particolare,il Museo del Falegname di un paese vicino a Bergamo, Almenno San Bartolomeo, in cui si trovano un buon numero di biciclette da lavoro, ciascuna adattata a un mestiere (barbiere, calzolaio, arrotino, etc.) e alcune bici di campioni del ciclismo, tra cui anche quella di Gimondi. Dalla felice unione della storia di Gimondi con quella dei diversi ciclisti dei mestieri, è nato La vita a Pedali, ambientato nel secondo dopoguerra, con sullo sfondo lo scontro tra fascisti e antifascisti e la sana rivalità tra Coppi e Bartali.
Sempre presente nel libro di Aresi è la bici, considerata come un essere animato e magico che dà coraggio, speranza e gioia a chi la utilizza per esigenze di lavoro, per una particolare missione finalizzata al bene o per semplice passione. Si tratta di storie belle di per sé ma che, grazie alla presenza della bicicletta diventano ancora più belle.
La storia di Gimondi parte dall'infanzia, quando il futuro campione sfida i compagni di classe con la sua bici, un’Ardita rosso fiammante, avendo un unico pensiero, quello di raggiungere il traguardo prima degli altri. Continua con un Gimondi leggermente cresciuto, che assiste con il padre all’eroica impresa del suo idolo Fausto Coppi al mondiale su strada di Lugano del 1953, e da quel momento si mette in testa un solo, unico sogno, quello di diventare un campione di ciclismo. E ha il suo felice epilogo con l’adulto Gimondi che realizza il suo sogno trionfando al campionato mondiale di Barcellona del 1973 e battendo il rivale di sempre, il cannibale Eddy Merckx. Gli episodi della vita a pedali di Felice Gimondi sono intervallati da altre storie di vita a pedali, storie di tutti i giorni che hanno per protagonisti ambulanti ciclisti dei mestieri: il calzolaio, il cantastorie, l’arrotino, il panettiere, il caldarrostaio, l’ombrellaio, il gelataio, il fotografo.
Alfredo Martini, indimenticabile CT del ciclismo italiano e grande amico di Gimondi diceva che la bicicletta fa bene perché chi va in bici canta, sorride, fischia, soprattutto pensa. La bici ha fatto sicuramente del bene a Felice Gimondi, che era uno che pedalava sempre, pedalava ogni giorno e pedala ancora oggi. La sua è stata una vita consacrata alla bici, una vita a pedali.