L’AUTORE
Maurizio
Salabelle, nato a Cagliari nel 1959, ha vissuto gran parte della sua vita in
Toscana dove è morto nel 2003, a Pisa, a causa di un male incurabile.
Si
tratta di uno degli autori più spiazzanti della narrativa italiana degli ultimi
anni, caratterizzato da una personalità timida e schiva e da una natura
discreta. E questo vale anche per i suoi romanzi e i suoi racconti,
contraddistinti da un’eccezionalità e da un’originalità non adatta
allo strombazzamento mediatico, e lontani dai riflettori della critica. Salabelle
si immerge, con la caparbia ostinazione di un architetto un po’ strampalato,
nella fantasticazione e nella
costruzione di macchine narrative che, con una mitezza comica fuori dal comune,
colgono l’aspetto immediato della follia umana, e cercano la saggezza nella
diversità e l’assurdità del reale
nell’insensatezza della vita quotidiana, provocando l’effetto di uno stupore di
tipo ipnotico. La sua è una scrittura secca all’insegna dell’iperrealismo, caratterizzata da una musicalità
armoniosa e ammaliante che tende a guidare il lettore in uno stato di dolce
trance in cui allucinazioni totalmente incredibili e paradossali, descritte e
catalogate con precisione e competenza, diventano possibili. Così l’inconfondibile
mondo di Salabelle si perde in ricerche
visionarie, intessute della stessa materia di cui sono fatti i sogni. Nel corso
della sua esistenza Salabelle, oltre a Un
assistente inaffidabile ha scritto altri quattro libri: Il mio unico amico (1994), Il maestro Atomi (1997), ambientato in
una scuola onirica frequentata da studenti buffi e maestri maniacali, Il caso del contabile (1999) e L’altro
inquilino (2002).
UN ASSISTENTE INAFFIDABILE
Dopo
alcuni fallimenti con le varie case editrici a cui spedì i suoi manoscritti,
Maurizio Salabelle riuscì a far pubblicare il suo primo romanzo nel 1992 per la
Bollati Boringhieri. Lo scrittore Ermanno
Cavazzoni racconta di Salabelle,
a testimonianza del carattere della sua persona e delle sue opere, che quando
fu pubblicato Un assistente inaffidabile,
non voleva più uscire di casa per la vergogna, e per un po’ di tempo evitò
anche di passare nei pressi della libreria che esponeva il suo libro perché non
sapeva che faccia fare passandoci accanto[1].
Con Un assistente inaffidabile[2]
Salabelle vinse il “Premio Giuseppe
Berto Opera Prima” e il “Premio Città di Bergamo”. Il romanzo è ambientato
dentro una squallida bottega di cappelli, in uno spicchio di mondo ammuffito e
imbalsamato, dove uno zio lunatico, che un giorno è depresso e l’altro è
allegro, e un nipote, scrittore mancato e assistente che non assiste,
trascorrono la loro abulica e insensata esistenza. I due comici e ridicoli
esseri hanno l’aspetto allucinato e smarrito in vaghi ricordi, e impiegano il
loro tempo sonnecchiando, osservando dalla vetrina della bottega il viavai
della strada e architettando strani pensieri privi di qualsiasi logica. Nel
resto del loro inutile tempo lo zio si dedica alla lettura di quotidiani,
stravaccato su una vecchissima poltrona, sbadigliando continuamente, sazio
della lettura e nauseato dagli eventi del giorno, mentre il nipote è intento a scrivere improbabili e pessimi romanzi che non
pubblicherà mai. Così tutto trascorre nell’inedia e nell’immobilità più totale.
E anche quando l’intreccio si colora di nero a causa di un omicidio, la
modalità con cui esso viene eseguito, provoca non sgomento ma una comicità
esilarante: lo zio afferra goffamente il tubo di una bombola a gas e, girata la
manopola, lo infila nella bocca di un
cliente tappandogli il naso; il cliente muore e il suo cadavere rimane in una
posizione di “stupore mortuario”, tutto viola per il gas e stranamente
imbronciato. E così anche la morte suscita ilarità.
UN INCHIOSTRO
COMICO-NOIR CON EFFETTO IPNOTICO
“La mia penna
biro, che aveva il tappo tutto morso e non sembrava più scrivere bene, cadeva
in continuazione dalla tavola e mi faceva dire orrende bestemmie.”
“Quella mattina uscii alle sette e cinque con l’intenzione di diventare scrittore.”
“Gli scrittori
sono in genere persone poco capaci che certe volte possono essere definite
senza timore come degli zero assoluti. Spesso non sanno che fare della loro
vita, e invece di andare a commerciare
in camicie o fare gli autisti decidono di dedicarsi alla letteratura. Dicono
che il 75 per cento di costoro ami alzarsi alle undici, fumare 140 sigarette la
settimana e portare per più mesi gli stessi calzoni. Alcuni non sanno salire su
un autobus senza aiuto e altri hanno strane idiosincrasie come l’odio per il
formaggio, l’insofferenza per i week-end e un’antipatia ingiustificata per
certe marche di scendiletto. Un 7 per cento, inoltre, pare incontri difficoltà
nel suonare un normalissimo campanello”
“Mio zio
trascorreva le ore della giornata facendo degli sbadigli sguaiati,
tossicchiando nervosamente ed emettendo rutti di crackers. Ogni tanto tendeva
le orecchie per ascoltare l’acqua dei tubi, il ronzio del contatore e quello
dello scaldabagno del gabinetto, come se in base al loro suono potesse
prevedere il futuro.”
“Osservavo i
miei vestiti, la mia faccia sudata e le mie mani contratte, e mi chiedevo con
angoscia che tipo di persona fossi in realtà.”
“Guardavo le
mattonelle della stanza e meditavo di scrivere su di esse, ma capivo che mai e
poi mai sarei riuscito a mutarle in periodi. Le ciabatte di mio zio,
abbandonate sull’impiantito e ricoperte di polvere scura, sembravano
simboleggiare la mia difficoltà nel riprodurre il pavimento con le parole”
“Certe notti
sogno che non fumo, che non ho mai fumato in tutta la mia vita, e al risveglio
accendo subito due sigarette per compensare la mia permanenza tra i non
fumatori. Ho come l’impressione di dover recuperare qualcosa.”
“Il mio datore di
lavoro mi spiegò che la mia mansione di collaudatore di letti imponeva che ogni
notte io dormissi su un materasso diverso e che la mattina dopo redigessi una
relazione su come avevo passato il tempo del sonno. Io scrivevo relazioni
inattendibili .
Si trattava di brani fantasiosi che avrei potuto scrivere anche senza fare i
collaudi.”
“Lo zio seguiva
programmi televisivi di intrattenimento per me stupidissimi. Sullo schermo si
vedevano uomini in maglione che gesticolavano eccitatissimi, proferivano improperi
e sghignazzavano senza ritegno. Parlavano di quello che mangiavano, dei
desideri delle loro mogli o delle ciabatte che mettevano a casa. Il
presentatore sorrideva spesso tra di sé come se sottendesse cose ridicole. Si
vedevano donne che all’improvviso scoppiavano in pianti inconsolabili, o che
raccontavano vacuamente delle loro prime notti con il marito. Gli intervistati
si dilungavano in sproloqui declamando teorie inconcludenti in un delirio senza
tregua di cui non si comprendeva quasi una sillaba. Queste trasmissioni, che
presentavano sempre persone banalissime e prive di un’attrattiva anche minima,
erano seguite da mio zio col massimo dell’attenzione e lo tenevano col corpo
paralizzato di fronte allo schermo.”
“Lo zio mi
confessò il suo delitto: -Ho preso il tubo di una bombola di gas che si trovava
nella stanzetta, ho girato la manopola e gliel’ho infilato in bocca tappandogli
il naso. Quando ho sentito che non si dibatteva più l’ho disteso per terra- Il
cadavere era piegato come un feto in una posizione che lo zio definì di stupore
mortuario. Il suo viso era tutto viola per il gas e sembrava stranamente
imbronciato.”
[1] Ermanno
Cavazzoni, Scrivere in segreto, in La
Repubblica, 22 Febbraio 2003
[2] Maurizio Salabelle, Un assistente inaffidabile, Bollati Boringhieri Editore, Torino
1992
LA STRANA FAMIGLIA DI GIORGIO GABER
Vi presento la mia famiglia
non si trucca, non si imbroglia
è la più disgraziata d'Italia,
anche se soffriamo molto
noi facciamo un buon ascolto
siamo quelli con l'audience più alto.
I miei genitori due vecchi intronati
per mezz'ora si sono insultati
a "C'eravamo tanto amati",
dalla vergogna lo zio Evaristo
si era nascosto, povero Cristo,
lo han già segnalato a "Chi l'ha visto?".
Il Ginetto dell'Idroscalo
quando la moglie lo manda a "fanculo"
piange in diretta con Sandra Milo,
per non parlare di mio fratello
che gli han rotto l'osso del collo
ora fa il morto a "Telefono giallo".
Come ti chiami, da dove chiami,
ci son per tutti tanti premi,
pronto, pronto, pronto tanti gettoni, tanti milioni,
pronto, pronto, pronto con Berlusconi o con la RAI.
E giù in Aspromonte c'ho dei parenti,
li ho rivisti belli contenti
nello "Speciale rapimenti",
che è analfabeta ma ha scritto un romanzo
è sempre lì da Maurizio Costanzo.
E la fortuna di nonna Piera
che ha ucciso l'amante con la lupara
ha preso vent'anni in "Un giorno in pretura";
mio zio che ha perso la capra in montagna
che era da anni la sua compagna
ha fatto piangere anche Castagna.
Come ti chiami, da dove chiami,
ci son per tutti tanti premi,
pronto, pronto, pronto tanti gettoni, tanti milioni,
pronto, pronto, pronto con Berlusconi o con la RAI.
E poi chi c'è? Ah già, la Tamara
un mignottone di Viale Zara
che ha dato lezioni a Giuliano Ferrara,
e alla fine c'è nonno Renato
che c'ha l'AIDS da quando è nato
ha avuto un trionfo da Mino D'Amato.
Vi ho presentato la mia famiglia
non si trucca non si imbroglia
è la più disgraziata d'Italia.
Il bel paese sorridente
dove si specula allegramente
sulle disgrazie della gente.
Come ti chiami, da dove chiami,
stiam diventando tutti scemi,
pronto, pronto, pronto stiam diventando tutti coglioni,
pronto, pronto, pronto con Berlusconi o con la RAI.
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