Io e la
Venerelli eravamo perduti in un mare di risucchi e saliva, baci interminabili,
lingue che saettavano, per me fu un corso accelerato da cui trassi esperienza e
benefici tutta la vita. E premendo contro le sue epiche tette, e rimbalzando
indietro, e di nuovo allacciandomi respinto ma non troppo, provai piaceri e
stupori che ancora mi commuovono. Poi, alle prime luci della città,
dopo un ultimo duello di papille, io la vidi di profilo, bellissima,
sudata, accalorata, con un ciuffo sull'occhio e il golfino di lana che le
lasciava scoperta una spalla.
- Ti amo - le dissi-
- Ma sarai scemo? - rispose lei.
Tratto da "Saltatempo" di Stefano Benni
"Quando sarò capace di amare" di Giorgio Gaber
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