venerdì 9 novembre 2012

Inchiostro Alcolico: Il Poema dei Lunatici di Ermanno Cavazzoni



                                                                       L’AUTORE
Ermanno Cavazzoni, nato a Reggio Emilia nel 1947, è uno scrittore originale, eclettico e sorprendente.  Egli è convinto che, quando si scrive, bisogna produrre delle cose un po’ sgangherate che creino stupore nel lettore. La sua è una letteratura fondata sul gusto del farneticare delle parole e su di una comicità che suscita meraviglia. A definire nel migliore dei modi lo stile cavazzoniano ci ha pensato il critico letterario Epifanio Ajello, il quale afferma che la sua scrittura  è come un suono che si unisce al disegnare; ma un disegnare che sbava via dai contorni delle cose, tipico dei bambini con gli album da colorare. E si rimane stupiti dal guazzabuglio di colori fuori dalle linee imposte delle cose o dei personaggi nei fogli del libro. E tutto sembra più bello, mostrando come sia possibile fare dell’altro fuori dalle regole. Tra le opere di Cavazzoni, oltre a Il poema dei lunatici (1987), che è considerato unanimemente il suo capolavoro, si ricordano: Le tentazioni di Girolamo (1991), romanzo ambientato in una bizzarra biblioteca notturna frequentata da strampalati lettori insonni; Vite brevi di idioti (1994), una raccolta di biografie di matti paesani; il romanzo comico-onirico Cirenaica (1999); Gli scrittori inutili (2002), surreale e canzonatoria antologia comica di ritratti di scrittori ridicoli, equiparati a dei matti nevrotici;Storia naturale dei giganti(2007), una buffa enciclopedia sui giganti; e il favoloso bestiario comico Guida agli animali fantastici (2011).
 
                                                                       

                                                       IL POEMA DEI LUNATICI
Protagonista e voce narrante del romanzo è Savini, un personaggio stralunato e matto. Egli è un ricercatore di messaggi segreti, lasciati all’interno di bottiglie dentro ai pozzi, e di popolazioni invisibili e inesistenti. Porta avanti questa sua bizzarra missione attraversando una pianura padana incantata e surreale, e facendo strani e comici incontri con altri personaggi. In seguito a conversazioni con gente  stramba come lui, Savini raccoglie nuove informazioni, ma la sua strana missione, man mano che il viaggio prosegue verso luoghi sconosciuti e inesplorati, invece di farsi chiara e lucida, diventa sempre più confusa e intricata. Ad aumentare la confusione, a un certo punto dell’avventura, un altro personaggio altrettanto matto e nevrotico, il fantomatico e paranoico prefetto Gonella, si associa alla missione segreta del protagonista, facendogli credere di essere il suo capo e superiore, e dando a Savini l’incarico di intendente della sua immaginifica prefettura. Savini e Gonnella si integrano perfettamente con la loro stramberia, e assomigliano a una coppia di esploratori clown e donchisciotteschi: il primo girovaga per svolgere le sue strampalate ricerche, mentre il secondo esamina e interpreta le ricerche fatte. E i risultati delle scoperte fatti dai due non possono che essere comici e provocare il riso, perché appartengono al mondo di una matta immaginazione, e perché lo sguardo sghembo della strana coppia distorce il mondo in una continua e ilare allucinazione. Alla fine della vicenda questa continua confusione mentale porta alla perdita quasi completa dell’identità di Savini che non sa più chi è, e l’unica cosa che gli resta da fare è quella di ritornare dal manicomio dal quale era scappato, non si sa se realmente o solo in sogno, e mettersi a scrivere le avventure che gli sono successe.



UN ECCELLENTE INCHIOSTRO REGGIANO CON STRAORDINARI EFFETTI ALLUCINOGENI

"Quel giorno avevo il cervello distratto, e mi venivano dal sonno delle immaginazioni che mi facevan stupire”

“Mi ricordo che da bambino  stavo più che potevo sui tetti e vedevo il giorno che passava e la sera. Giravo sui tetti ed ero padrone di me,padrone di non essere nulla, in un livello che era intermedio col cielo e che non veniva considerato da nessuno .  Era un posto che avevo  scoperto da solo e ci andavo a girare perché ero insieme a terra e per aria e guardavo giù  e su e vedevo le cose bellissime perché erano un po’ tutte distanti e inspiegabili: giù vedevo la gente e le macchine , su vedevo tutti gli uccelli per aria e ero contento che andassero ognuno dove voleva. Poi mi piaceva vedere le nuvole al vento, che durano poco, e la luna, e le stelle, e le stelle cadenti. Pensavo che uno si può sedere sul tetto beato di non essere niente ma di essere contento cercando  di stare sempre più in alto e di scomparire. Io pensavo che i tetti avessero questo vantaggio e ci passavo molto tempo. La mia educazione l’ho avuta dai tetti, mio padre era l’aria del cielo e mia madre l’odore che viene su dalla terra. E io stavo tra mio padre e mia madre sui tetti e mi sono educato così."

“Io voglio bene al mio ferro da stiro che è un piccolo ferro tutto contento di andare a stirare. E’ un piccolo ferro che ha la sua spina, e ci stimiamo reciprocamente. Io lo prendo quando devo stirare, e lui mi sembra sempre molto contento, contento di me; e si dà da fare su tutta la biancheria, sulle camicie; e delle volte gli piace scherzare sui centrini o sulle tovaglie, e fa come se dovesse bruciarli,per farmi avere paura. Ma è uno scherzo tra noi, così, per ridere un po’”

“Nel complesso era una persona che non gli piaceva parlare, e preferiva parlare con gli occhi.”

“Si doveva essere perso in un dormiveglia sereno e improvviso, un dormiveglia da pomeriggio.”

“Intanto guardavo il barista che aveva una giacchetta bordò e sporgeva solo con quella da dietro il bancone;sembrava un direttore d’orchestra, anche se faceva la parte del perfetto barista. Era pettinato con una riga drittissima e prendeva un liquore secondo l’ordinazione, e lo serviva, abilissimo, nel bicchierino sul banco, e poi ghiaccio se ci voleva, o limone, e via dicendo, con i movimenti da vero maestro, e rispondeva: sì, no, o sissignore, e altre parole che significano che tutto va a meraviglia.”

“I sogni sono scherzi che fan le budella agli occhi e al cervello. Sono girandole fatte per ridere.”

“Secondo me le donne hanno un influsso che gira per aria, e se tu lo respiri e ti va dentro al sistema nervoso, allora sei fritto!”

"Io pensavo che le donne fossero una fantasia che ti viene a trovare, e non si sa quale ti capita. E che quindi fossero anche, come possibilità, galline, o che fossero ad esempio un vapore che ti fa soffrire, o un male di petto, o una febbre mentale, un'asma, oppure un venticello celeste, o in certi casi anche dei granchi o degli stantuffi. Cioè non si può dire niente di fisso o di certo sulle donne. Io quindi pensavo che le donne, nella loro sostanza, fossero tutta una fauna indecisa, cioè come un galoppo di sirene o orche marine che passa nel midollo spinale e dentro la fronte. E poi pensavo anche che fossero leopardi, cammelli, cornacchie, volpi, zanzare, formiche,eccetera all'infinito. Perché chi può sapere i casi che ci son nella vita di incantamento femminile?!"

“Mah! Qui non fanno altro tutti che dire e parlare. Alla fine poi che cos’è  che c’è  da dire? Che cosa? Che c’è poco da dire l’ho capito fin da bambino, poi dopo l’ho ancora capito meglio. Io sento che c’è in giro molto quest’abitudine di stare a parlare; come ad esempio dire che le cose stanno in un modo o in un altro, e così via. Non so perché prima credevo che fossi io uno che sta lì e non sa cosa dire. Ma poi invece ho visto che c’è poco da dire davvero.”



Raphael Gualazzi- Reality and Fantasy





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