mercoledì 14 novembre 2012

L' Anima dei calzini



Negli Anni Trenta appare a Vienna un libretto del filosofo e pittore Gottfried Schlimm intitolato L’anima dei calzini (Die Seele der Söckchen), riscoperto grazie alla premurosa e infaticabile passione per la cultura mitteleuropea di Alba Frosini, docente di Letteratura e Lingua tedesca all’università di Bologna, che ne ha curato la traduzione italiana presso l’editore Rumma di Ancona (pp. IX + 67, Euro 18,00).
Schlimm è un fanatico dell’eleganza, - scrive la Frosini nella prefazione a L’anima dei calzini - un dandy che si atteggia a pensatore raffinato, che accomuna la vita elegante all’«arte di spendere il proprio reddito da uomo di spirito», un esteta per il quale l’elegantologia è una «scienza che ci insegna a non far nulla come gli altri, pur sembrando far tutto come loro», definizioni riprese fedelmente dal Traité de la vie élégante di Balzac, testo che lo stesso Schlimm ha tradotto in tedesco per una rivistina di poesia, arte e spettacolo, Die Meistersinger (I maestri cantori), pubblicata a Linz nel maggio del 1934, e non andata oltre il primo numero.
Per tutta la vita Schlimm ha inseguito tenacemente un unico modello di perfezione. Un modello che lo ha portato per tutta la vita a dipingere calzini, sempre e solo calzini, al pari di ciò che fece, molti anni più tardi, Clément Cadou con i mobili (cfr. il saggio di Georges Perec, Ritratto dell’autore visto come un mobile, sempre, che figura anche, al n. 56, in MIRABIBLIA. Catalogo ragionato di libri introvabili, Bologna, Zanichelli, 2003).
Calzini nelle posizioni più disparate: sopra una sedia; dentro una cesta di panni sporchi; sul pavimento o sopra un letto in disordine; appesi a un filo, come ginnasti a testa in giù, tenuti fermi dalla presa sicura delle mollette; abbandonati in un viottolo di campagna; messi ad asciugare vicino a una stufa a legna; arrotolati dentro un paio di scarpe nere, imbrattate di fango; oppure sporgenti da un cassetto semiaperto, nuovi, con il cartellino di vendita ancora bene in vista.
Misteriosamente, soltanto in due tele (Il tavolo a mezzogiorno, 1934, cm 20x40, e Visione sotto la luna, 1938, cm 45x75), i calzini non hanno il ruolo di protagonisti, ma s’intravedono di lato o sullo sfondo, seminascosti dietro insignificanti nature morte - vasi da fiori, bottiglie o pesci con gli occhi tristi e spaventati.
I quadri di Schlimm, ispirati a un’evanescente plasticità del cotone, della seta, della lana, ci mostrano, in varie posizioni e atteggiamenti, calzini accoppiati in perfetto ordine e di genere maschile. Su quest’ultimo dettaglio, la Frosini non nasconde il suo disappunto sottolineando come la misoginia che traspare dai calzini dipinti da Schlimm s’intrecci (è proprio il caso di dirlo) a un’altra loro caratteristica, anch’essa densa di significati reconditi, ovvero la mancanza di buchi e di frinzelli, una costante nell’immaginario calzinesco del pittore viennese.
In un solo caso, adagiato su una spiaggia deserta, sotto un cielo plumbeo che minaccia di aprirsi in temporale, Schlimm ha dipinto un calzino desolatamente orfano del suo gemello (l’opera del 1922, cm 40x70, s’intitola emblematicamente Lontananza).
Cedendo a un impulso giocoso c’è poi un quadro (l’unico del genere) - L’accostamento non voluto del 1937, cm 70x100 – dove Schlimm ha raffigurato due calzini spaiati, uno blu e l’altro grigio perla, con un ricamo sulla parte alta, che sembrano guardarsi in modo affettuoso, ammiccare divertiti in una marea di libri sparsi qua e là su una scrivania, dietro la quale si scorge, appeso a una parete illuminata dal sole, un calendario con i numeri e le lettere del mese in rosso su uno sfondo bianco. Il calendario indica la data del 7 dicembre 1898, che poi è la data di nascita dell’artista.
Se è vero che i calzini hanno un’anima - scrive Schlimm cercando di dare un senso alla propria ossessione - questa si manifesta nella loro inconfondibile forma, lunga e corta, nella trama dei disegni che ne abbelliscono lo slancio, nei colori, nella morbidezza avvolgente del loro tessuto, che è poi il loro vissuto, fatto di giri a rovescio, di lussuose trasparenze, di odori mal celati, di piccolissime smagliature che, come succede ai bozzoli da cui fuoriescono le farfalle, si tramutano con il tempo in spiragli di luce. 
Poi conclude il libro con questa melanconica riflessione:
"Paradossalmente l’anima dei calzini si nasconde là dove meno ci si aspetterebbe di trovarla, sul filo impercettibile della loro salda aderenza alle gibbosità del mondo, contatto che ci fa sentire vivi, sebbene precariamente vacillanti e di passaggio."

Tratto dal testo di Paolo Albani contenuto nella rivista Il caffè illustrato, n. 12






 Il paradiso dei calzini di Vinicio Capossela

Dove vanno a finire i calzini 
quando perdono i loro vicini 
dove vanno a finire beati 
i perduti con quelli spaiati 
quelli a righe mischiati con quelli a pois 
dove vanno nessuno lo sa 
Dove va chi rimane smarrito 
in un’alba d’albergo scordato 
chi è restato impigliato in un letto 
chi ha trovato richiuso il cassetto 
chi si butta alla cieca nel mucchio 
della biancheria 
dove va chi ha smarrito la via 
Nel paradiso dei calzini 
si ritrovano tutti vicini 
nel paradiso dei calzini.. 
Chi non ha mai trovato il compagno 
fabbricato soltanto nel sogno 
chi si è lasciato cadere sul fondo 
chi non ha mai trovato il ritorno 
chi ha inseguito testardo un rattoppo 
chi si è fatto trovare sul fatto 
chi ha abusato di napisan o di cloritina 
chi si è sfatto con la candeggina 
Nel paradiso dei calzini.. 
nel paradiso dei calzini 
non c’è pena se non sei con me 
Dov’è andato a finire il tuo amore 
quando si è perso lontano dal mio 
dov’è andato a finire nessuno lo sa 
ma di certo si trovera’ la’.. 
Nel paradiso dei calzini 
si ritrovano uniti e vicini 
nel paradiso dei calzini 
non c’è pena se non sei con me 
non c’è pena se non sei con me

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