Recensione
Guida
agli animali fantastici di Ermanno Cavazzoni: un favoloso bestiario comico
Cavazzoni
racconta che l’opera più recente, Guida
agli animali fantastici[1],
è nata in seguito alla rivisitazione fantastica di classici e testi antichi di
Plinio,Aristotele, Eliano, Luciano di Samòsata, in cui gli animali rivestono un
ruolo importante. Il testo antico viene usato come punto di partenza e felice
stimolo per lo scrittore emiliano. Egli realizza felici e ilari divagazioni che
giocano molto sull’ antropomorfizzazione degli animali, attraverso le quali riesce
a far sorridere e riflettere su certi aspetti folli e assurdi del comportamento
umano. Da queste storie antiche escono
così fuori nuove narrazioni indipendenti, rese in maniera sorprendente con uno
stile originale e profondamente creativo.
Guida agli animali fantastici è una sorta di
bestiario comico e meraviglioso in cui animali comuni come mucche, polli e formiche
convivono serenamente con animali fantastici e inesistenti quali ippocentauri, ircocervi
e manticore. L’originale e stralunato punto di vista dello scrittore emiliano
fa sì che, non solo sugli animali fantastici e inesistenti ma anche su quelli
reali e comuni, egli possa scatenare la sua immaginazione. Secondo Cavazzoni,
infatti, tutti gli animali, per la loro impenetrabilità, sono in qualche modo
fantastici . E allora lo scrittore emiliano, con le sue fantasticazioni
comiche, immagina cosa vogliono dirci gli animali con i loro gesti e con i loro
versi; elucubra se questi abbiano una qualche idea sulla vita e se considerino
gli uomini come degli esseri superiori o come dei fessi. La scrittura ironica e
stravagante e l’estro inventivo di Cavazzoni descrive tutti gli animali, anche quelli che tradizionalmente
fanno paura, come esseri buffi e strambi, catapultati quasi per caso nel
pianeta terra insieme agli uomini, anch’essi visti come esseri bizzarri.
Tra
gli animali comuni c’è la mucca che rumina e riflette, e che per ringraziare la
natura rilascia larghe e molli cacche, che per il prato sono come un godimento
alimentare. Si contrappongono poi due diversi stati d’animo nell’affrontare la
vita: l’inguaribile ottimismo della cicala, il cui canto è una specie di sì
ripetuto, e il catastrofismo dei grilli
con il loro cri cri, che significa
che c’è crisi. L’oca, appena nata, apre gli occhi e chiama mamma la prima cosa
che vede. Le scimmie sono simili a donne vanitose, si pitturano la faccia, si
mettono il rossetto e provano ad arricciarsi i capelli in testa anche se non li
hanno, nel tentativo, quasi sempre fallimentare, di sedurre gli uomini. I
serpenti sono invece amanti del vino, bevono con enorme regolarità ed
esagerazione, e, una volta ubriachi, è facile catturarli perché si dimenticano
di essere velenosi e se ne stanno distesi e languidi con in faccia uno stanco e
innocuo sorriso post sbronza. C’è infine il bruttissimo struzzo, uccello mal
riuscito e gallinaceo troppo cresciuto. Si immagina che egli sia nato come
frutto del mostruoso accoppiamento tra un passero e una cammella; mentre la
cammella partorisce, il padre passero fugge subito, consapevole dello schifoso
connubio. Lo struzzo, oltre a essere brutto, è anche uno degli animali più
stupidi che ci sia perché pensa di non essere visto se nasconde la testa in un
buco, e perché inghiotte di tutto, anche sabbia e sassi, con conseguenti
problemi intestinali.
Ci
sono poi gli animali inesistenti come l’onocentauro, metà asino e metà uomo,
asociale e menefreghista, ateo e con la brutta abitudine di dire sempre di no;
l’ircocervo, un cavallo con l’aspetto di cervo, con la barba e il pelo folto,
famoso solo per la sua stupidità; il leontofono, piccolo animale la cui orina
annienta il leone. Basta uno spruzzo e il leone prima si affloscia e dopo
muore. Ma l’animale inesistente più affascinante e sensuale è la bellissima e inavvicinabile sirena che seduce l’uomo con il suo canto illusorio e con il suo
meraviglioso petto, che però non è fatto di ghiandole mammarie ma di bolle di
galleggiamento. Con le sirene non c’è salvezza: se le baci ti mangiano la
bocca, se cerchi un contatto ti avvinghiano e ti portano sott’acqua.
C’è
infine una terza categoria di animali fantastici, elementi non appartenenti al
regno animalesco, ma che vengono equiparati in qualche modo a esso. Tra questi
degni di nota sono le particelle grammaticali come i laonde e i costà,
equiparati a insetti insidiosi e infidi nemici della vena creativa di poeti e
scrittori, ai quali provocano sofferenze, pruriti e sensi di colpa intralciando il pensiero, formando ragnatele
senza alcun senso, inserendosi clandestinamente nelle frasi e generando una
bava che rallenta il discorso; e le nuvole che galleggiano lente nell’aria in
forme animali cangianti, e sono un
riassunto di tutta la zoologia fantastica.
Ma
l’animale più fantastico di tutti è l’uomo che tenta di razionalizzare tutto
quello che gli succede, pur sapendo di essere matto per natura. Tuttavia, nonostante
i suoi limiti, l’essere umano è l’unico animale testimone del più grande
spettacolo dell’universo che consiste nell’alzare gli occhi al cielo e vedere le stelle.
Tratto da "IL SORRIDENTE E TRAGICOMICO MONDO DEI MATTI- La follia come fonte di comicità nella narrativa italiana dal secondo Novecento fino ai giorni nostri" di Marco Adornetto
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