venerdì 7 settembre 2012

In Africa gli squali sono come da noi i cani

" Da un lato di piazza De Saliba c'è la mia scuola, dall'altro lo spiazzo immenso. Ieri, qui, ho fatto una gara con Scarmiglia. Che si chiama Dario, Dario Scarmiglia, ma si chiama solo Scarmiglia. Capelli scurissimi, cervello scarno, siamo in classe assieme. Partendo dal cancello della scuola dovevamo arrivare alla fine della piazza. Cento metri più avanti, alla fine della piazza, piccolo nonostante la mole, il nostro arbitro, Massimo Bocca, che per me è solo Bocca, con il B-o pronunciato schiudendo forte le labbra. Grasso, un globo di carne, anche Bocca è in classe con me. Io, Scarmiglia, Bocca. Undicenni, preadolescenti anomali.
Da lontano Bocca doveva dare il via sfarfallando con le braccia. In piedi, leggermente chini in avanti, una gamba flessa e l'altra pronta a scattare, io e Scarmiglia aspettavamo il segnale. Con la coda dell'occhio l'avevo visto assorto, le labbra socchiuse.
Quando Bocca aveva lacerato l'aria per tre volte ci eravamo slanciati in avanti, procedendo vicinissimi, sentendo uno il respiro dell'altro, i corpi simili, una gemellarità della struttura ossea e muscolare. Quasi subito avevo sentito la gola molle e la voglia di ridere, e Scarmiglia mi aveva superato di due metri. Allora avevo forzato e mi ero rifatto sotto.
Ma non riuscivo a smettere di guardarlo, di correre sia la mia corsa che la sua. In un lampo mi era tornato in mente di quando poco tempo prima, andando da scuola a casa, Scarmiglia mi aveva detto che in Africa gli squali sono come da noi i cani, animali domestici, e che ogni casa africana costruita sulla costa ha un recinto sottomarino fatto di lunghissimi paletti di legno nel quale viene tenuto il cucciolo di squalo per non farlo allontanare perdendosi nell'oceano. Nel dirlo Scarmiglia aveva un tono serissimo, come sempre, e io non avevo avuto dubbi. A mia volta, il giorno dopo, lo avevo detto ad altri, in classe, cercando, con la storia, di riprodurre il tono: mi avevano preso in giro.
In quel momento, nel pieno della corsa, ripensando agli squali e alla vergogna ero scoppiato a ridere e avevo rallentando mentre Scarmiglia raggiungeva Bocca, lo superava e si voltava a guardarmi col fiatone.
Quando, camminando con gli occhi bagnati di lacrime e la faccia ancora deformata dal riso, avevo raggiunto anch'io il traguardo, Scarmiglia mi era venuto davanti, mi aveva fissato, mi aveva detto: Coglione!, e se n'era andato via senza voltarsi."

Tratto da Il tempo materiale di Giorgio Vasta


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