Scriveva il grande Dino Buzzati diversi anni fa: "No, non mollare, bicicletta. Se tu capitolassi, non solo un periodo dello sport, un capitolo del costume umano sarà finito,ma si restringerà ancor più il superstite dominio dell’illusione dove trovano respiro i cuori semplici". Cuori semplici sono i personaggi del bel romanzo di Paolo Aresi La vita a pedali, dedicato a uno dei più grandi campioni del ciclismo italiano e mondiale di tutti i tempi, Felice Gimondi, vincitore in carriera di tutti e tre i Grandi Giri, Giro d’Italia (tre volte), Tour de France e Vuelta di Spagna, e di un campionato del mondo su strada.
Fonte di ispirazione del romanzo di Aresi è stato un luogo particolare,il Museo del Falegname di un paese vicino a Bergamo, Almenno San Bartolomeo, in cui si trovano un buon numero di biciclette da lavoro, ciascuna adattata a un mestiere (barbiere, calzolaio, arrotino, etc.) e alcune bici di campioni del ciclismo, tra cui anche quella di Gimondi. Dalla felice unione della storia di Gimondi con quella dei diversi ciclisti dei mestieri, è nato La vita a Pedali, ambientato nel secondo dopoguerra, con sullo sfondo lo scontro tra fascisti e antifascisti e la sana rivalità tra Coppi e Bartali.
Sempre presente nel libro di Aresi è la bici, considerata come un essere animato e magico che dà coraggio, speranza e gioia a chi la utilizza per esigenze di lavoro, per una particolare missione finalizzata al bene o per semplice passione. Si tratta di storie belle di per sé ma che, grazie alla presenza della bicicletta diventano ancora più belle.

Alfredo Martini, indimenticabile CT del ciclismo italiano e grande amico di Gimondi diceva che la bicicletta fa bene perché chi va in bici canta, sorride, fischia, soprattutto pensa. La bici ha fatto sicuramente del bene a Felice Gimondi, che era uno che pedalava sempre, pedalava ogni giorno e pedala ancora oggi. La sua è stata una vita consacrata alla bici, una vita a pedali.